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DIBATTITO

Cos’è il vino naturale? I consumatori in giro per il mondo hanno le idee a dir poco confuse

Per Wine Intelligence è la nicchia preferita dai wine lover. Che, però, ne danno una definizione molto distante dalle intenzioni dei vigneron
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Il vino naturale, una questione semantica

Il vino naturale è ancora alla ricerca della sua identità. In Italia, dove qualche giorno fa ha fatto irruzione nel dibattito il manifesto “La forma e la sostanza, le luci e le ombre”, firmato Sandro Sangiorgi e Viniveri (qui), ossia due voci autorevoli ed interne al mondo del vino naturale. In Europa, dove non esiste una convergenza, e, ad ottobre 2020, la Commissione Ue ne ha bocciato l’introduzione. Sul mercato globale, dove il vino naturale è di gran lunga la categoria preferita tra i vini “Sola”, ossia Sustainable, Organic, Lower alcohol, Alternative, le nicchie produttive e commerciali al centro del report di Wine Intelligence “Alternative Wine Opportunity Index in 2022”, davanti ai vini organici ed a quelli prodotti in maniera sostenibile.

Un trionfo, verrebbe da pensare. Ma non è proprio così. Il campione di Wine Intelligence, infatti, è fatto da 12.000 consumatori abituali di vino provenienti da 15 Paese diversi: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Germania, Hong Kong, Irlanda, Nuova Zelanda, Portogallo, Coread del Sud, Svezia, Uk e Usa. E il concetto di “vino naturale”, come sottolineato proprio dalla Dg Agri alla Commissione Ue, può rivelarsi ingannevole. Non tanto per la volontà dei produttori, quanto perché è una dicitura che si presta alle interpretazioni più disparate. Per la maggior parte dei consumatori, il vino è naturale in quanto tale, a prescindere dal livello di intervento delle lavorazioni in vigna e in cantina. Visto dalla minoranza di chi di vino scrive e parla ogni giorno, può sembrare strano, ma chi compra una bottiglia ogni tanto al supermercato, magari in una cittadina dell’Oregon, ha un’idea ben diversa (e in un certo senso migliore) del vino, considerato, appunto, un prodotto naturale perché agricolo e stagionale, che fa parte di tante culture da migliaia di anni. Il consumatore medio, quando pensa al vino, pensa ad un vigneto incastonato tra le montagne, alla raccolta manuale, all’uva schiacciata nei tini e lasciata e fermentare nelle botti.

Insomma, una visione forse un po’ troppo onirica, ma che ben risponde alle necessità di un consumatore che chiede prodotti sempre più sostenibili, autentici e tracciabili, categorie in cui il vino rientra a pieno titolo. L’industria del vino, però, come spiega il report di Wine Intelligence, è storicamente ossessionata dai dettagli e dai distinguo, finendo troppo spesso con il confondere i consumatori, attraverso messaggi complessi e altamente sfumati. In questo senso, l’idea stessa di una sottocategoria specifica come quella di “vino naturale”, che è in qualche modo distinta da tutti gli altri tipi di vino, mette in dubbio la “naturalità” di tutti gli altri vini. Il mondo del vino, in sostanza, parla un linguaggio tutto suo, dando significati nuovi a definizione che, in altri ambiti, ne avrebbero altre. Generando così una confusione tale per cui, ad esempio, in uno studio del 2018 condotto sempre da Wine Intelligence emerse che il 36% dei consumatori abituali di vino in Usa avevano sentito parlare di “vino naturale”, ed il 17% (ossia 15 milioni di persone) avevano affermato di averne acquistato una o più bottiglie nei 6 mesi precedenti.

U0n numero praticamente impossibile (per quanto non esistano, in Usa ed in nessun Paese al mondo, statistiche ufficiali sulle vendite di vini naturali, ndr), se si considera che nel 2017, secondo i dati Iwsr, il vino biologico, di cui fa parte la stragrande maggioranza dei vini cosiddetti naturali, rappresentava appena il 2% delle vendite totali. Ben distante da quel 17%. Il motivo, come spiegato, è semplice: la distanza abissale tra il concetto di “vino naturale” inteso dai produttori ed il significato che di “vino naturale” danno i consumatori. Una questione puramente semantica, ma con enormi ed evidenti ricadute commerciali, perché il “vino naturale” esiste, così come esiste la richiesta di vini prodotti senza l’apporto della chimica, ma così è praticamente impossibile pesare e comprendere la portata di una nicchia che, a maggior ragione dopo i due anni di pandemia, sta interessando sempre più consumatori e produttori in tutto il mondo.

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