Una delle aziende più affascinanti di tutta la denominazione del Chianti Classico. Questa, in estrema sintesi, una definizione possibile di Monsanto, realtà produttiva capace, oggi, di rappresentare il classicismo enoico in una delle sue espressioni più coerenti. Eppure, il suo percorso è cominciato decisamente all’insegna di scelte pionieristiche. Nel 1962, con un progetto quasi incomprensibile per quel tempo: realizzare un vero e proprio Cru a partire dal vigneto “Il Poggio”. Intanto, proprio da quel vino si eliminavano pratiche ormai sorpassate, come il “governo” e l’invecchiamento in legno di castagno (sostituito dal rovere) e, nel 1968, venivano escluse le uve bianche (retaggio dell’antica “ricetta” Ricasoli), per lasciare soltanto Sangiovese e una piccola quota di Canaiolo e Colorino, a comporre il blend finale del Chianti Classico Il Poggio, il primo Cru imbottigliato nel Gallo Nero. Ancora oggi, questa è l’etichetta di punta aziendale, passata da Riserva a Gran Selezione, ma l’impianto generale è quello di sempre. La versione 2017 sembra una delle meglio riuscite dell’ultima decade, proponendo aromi ben leggibili che si muovono tra frutti rossi fragranti, sottobosco e cenni speziati e terrosi. Raffinate la trama tannica e la vivacità acida, che donano al sorso ritmo e profondità. Un vino intrigante che ben interpreta il suo areale di provenienza, nel comune di Barberino Val d’Elsa.
(fp)
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