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AGRICOLTURA E CULTURA

L’innovazione guarda alle origini: il modello Pompei tra pecore che curano il verde e natura “first”

Nell’area verde degli scavi gli ovini permettono di fertilizzare il prato e tenere in ordine la vegetazione a costo e impatto zero
AGRICOLTURA, CULTURA, PECORE, POMPEI, Italia
Il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel (ph: pompeiisites.org)

Un piccolo polmone verde di biodiversità in uno dei luoghi più magici del pianeta, Pompei, i cui scavi sono patrimonio dell’umanità Unesco. E che adesso si pone come progetto unico tra storia, natura ed innovazione eliminando un potenziale problema di costi e impatto ambientale con una risposta ecosostenibile. Come? Grazie all’aiuto delle pecore, ben 150, al pascolo in quella vasta porzione di territorio ancora non scavato, ricoperto al di sopra della cenere e del lapillo, da una distesa vegetazione da mantenere. Il “lavoro” delle pecore consente così, a costo ed impatto zero, di fertilizzare il prato e tenere in ordine la vegetazione.
Un accordo sperimentale di nove mesi per attività di eco pascolo di ovini, permetterà, senza alcuna spesa per l’amministrazione, il mantenimento delle superfici a prato, nel pieno rispetto delle caratteristiche naturalistiche delle aree, assicurando il contenimento delle malerbe e la concimazione naturale dei terreni. Se, infatti, l’erba tagliata in modo industriale generalmente diventa un rifiuto da smaltire, con la masticazione degli ovini si ricicla fertilizzando il prato. Come ha spiegato, a WineNews, il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, “il terreno si trasforma così in un valore aggiunto che non è solo l’abbattimento del costo ma anche una occasione straordinaria di far conoscere il nostro territorio”.
Questa attività va ad arricchire il progetto di “Azienda Agricola Pompei” che il Parco Archeologico sta mettendo in campo. E dove, dai vigneti, fino alla vendemmia 2021, si è prodotto il vino “Villa dei Misteri” per un “progetto enoico” curato, di concerto con la Soprintendenza che tutela uno dei siti archeologici più importanti del mondo, dalla cantina Mastroberardino, una delle realtà leader della Campania. Un vino realizzato con uve Piedirosso e Sciascinoso facendo tesoro delle tecniche di viticoltura utilizzate dagli antichi romani oltre 2000 anni fa. Dalle aree trattate a vigneto, negli anni, si sono ricavati poco più di 30 quintali d’uva, terreni situati nella Regio I e II che si estendono su una superficie di poco più di 1 ettaro distribuito su 15 appezzamenti di diversa estensione. Partnership, quella con la Mastroberardino, che è terminata nel 2021, mentre la vendemmia 2022, apprende WineNews, non è stata effettuata, e, a breve, come spiegato dallo stesso Zuchtriegel, sarà scelta la vincitrice “tra le imprese, tutte dalla Campania, che hanno partecipato al bando che abbiamo pubblicato”.
Vino ma non solo perché il Parco Archeologico di Pompei abbraccia anche la gestione e coltivazione degli ulivi e la produzione d’olio in collaborazione con Unaprol e Aprol Campania; il programma di imboschimento con Arbolia (Bosco antico di Piazza Anfiteatro e presso Villa di Diomede); i progetti di agricoltura sociale con la raccolta della frutta a cura di bambini e adolescenti con disabilità e autismi, nell’ambito di percorsi formativi di inserimento al lavoro (associazione “Il Tulipano”) fino al vivaio della flora pompeiana che riproduce specie ed essenze secondo riferimenti storici archeologici. “A volte l’innovazione più grande - afferma Gabriel Zuchtriegel - è il ritorno alle nostre radici. Così Pompei, attraverso il recupero della più antica ed efficiente tecnologia di tradizione, la “Natura”, affronta in maniera sostenibile la gestione e manutenzione degli spazi verdi del sito”.

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