![Fine wine, prima metà del 2024 in “profondo rosso” per gli investimenti in vini da collezione Fine wine, prima metà del 2024 in “profondo rosso” per gli investimenti in vini da collezione](https://static.winenews.it/2024/07/SolaiaMasseto-300x200.jpg)
Frena, nel 2023, l’import di vino italiano nelle sue cinque principali piazze mondiali. Secondo l’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv), i dati finali relativi alle importazioni da Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Giappone (che, insieme, valgono il 56% dell’export complessivo del Belpaese), per il prodotto made in Italy il 2023 si è chiuso con un calo tendenziale del 4,4% nei volumi e del -7,3% nei valori, a 4,45 miliardi di euro (sebbene nel complesso, i dati Istat, analizzati da WineNews, relativi a tutto il mondo, nei primi 11 mesi 2023, raccontino di un -0,6% in valore, in netto recupero sui mesi precedenti, ndr).
L’analisi, realizzata da Uiv - Unione Italiana Vini su base doganale, vede decrementi nei volumi in tutti i Paesi della domanda ad eccezione della Germania, che chiude l’anno a +7% per effetto del boom di ordini di vino sfuso (+16%). Particolarmente negativo, anche a causa di un eccesso di scorte detenute dai distributori che hanno condizionato gli ordini di tutto il 2023, il mercato negli Stati Uniti, che totalizzano un -13% a volume, ma anche in Canada e Giappone, entrambe a -11% e in Uk (-9%). In contrazione, nonostante il surplus di costi produttivi per le imprese, il prezzo medio (-3%), per effetto della crescita import di sfusi (+9%, dove però i listini crollano a -11%) e grandi formati (+6%) e al contestuale minore impatto di prodotti imbottigliati (-7%) e spumanti, giù dell’11% nei volumi ma unica tipologia a crescere nel prezzo medio (+5%).
“È innegabile che il 2023 abbia sofferto di fenomeni congiunturali, soprattutto il destocking di prodotto accumulato in eccesso in Nordamerica - commenta Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini (Uiv) - ma è altrettanto vero che il nostro Paese ha l’esigenza primaria e non più rinviabile di allargare la propria base clienti: questi cinque Paesi rappresentano quasi il 60% del valore delle esportazioni italiane, contro il 50% della Francia e il 40% della Spagna. Il 2024 - ha aggiunto Frescobaldi - si annuncia molto complesso e sfidante: con una produzione italiana ai minimi storici, le nostre imprese avranno l’esigenza vitale di alzare il valore unitario dei propri prodotti, in un contesto macroeconomico che non è dei più favorevoli. Si è visto già l’anno passato, con le difficoltà patite nei circuiti retail dei principali Paesi, dove ad aumenti di prezzo anche limitati sono corrisposti in maniera quasi automatica cali degli acquisti a volume”.
Secondo l’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv), l’anno si è, però, rivelato negativo per tutti i Paesi produttori, complice l’obiettivo destocking degli importatori unitamente alla crisi inflattiva e al conseguente minor potere di acquisto. L’import globale di vino dei cinque top buyer ha chiuso a 16,9 miliardi di euro, il 7,5% in meno sull’anno precedente, con i volumi a -6,7%. Il principale Paese esportatore, la Francia, si è attestata su un trend volumico ancora psull’Italia (-10%), ma meno deficitario in termini valoriali (-5%).
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