Pucci Giuffrida s’illumina parlandoci dei suoi vini, mentre ci decanta le poesie in dialetto di autori siciliani stampate dietro ogni bottiglia: il titolo del sonetto corrisponde al nome del vino, ognuno con un’opera d’arte a decorarlo. L’energia e la passione che lo animano sono autentiche. Mostra fiero le vigne dominate dall’Etna, i tre laghetti su livelli diversi che depurano le acque reflue, gli impianti fotovoltaici. Sembra un “pircante”, un folletto (o gnomo) etneo che custodisce i tesori nelle leggende del Mongibello. Si muove veloce, con gli occhi così brillanti che sembra animato da uno spiritello visionario e filosofico. Ci conduce al suo tesoro, un museo unico nel suo genere, custodito in un casolare del 1850. Circa 300 artisti hanno contribuito realizzando 400 opere, disegnando bottiglie appese al soffitto in un gioco “volante” oppure esposte in scaffali in legno, tra dipinti, creazioni con tappi in sughero, fantasiose installazioni in uno spazio coloratissimo e vivo. Al-Cantàra non deriva solo dal fiume che lambisce la contrada a Randazzo, ma anche dall’arabo al-Qanṭarah, che significa “l’arco”. Giuffrida vive questo nome come un collegamento, un ponte tra vino, arte e poesia. Da una vigna centenaria di mezzo ettaro, a 620 metri d’altitudine, O’Scuru O’Scuru 2019 si esprime con un naso polifonico, mostrando al sorso una trama fitta, innervata da una vena sapida che chiude saporita e lunga.
(Alessandra Piubello)
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