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A 20 ANNI DAL METANOLO E' VITTORIA DELLA QUALITA'. LA VICENDA HA SEGNATO LA DATA DI SVOLTA PER PRODUTTORI E CONSUMATORI ... ALCUNI COMMENTI

Il vero vino italiano ha venti anni. A pensarla così sono ormai in molti, facendo partire la svolta della qualità al famigerato febbraio 1986. In quella data scoppiò lo scandalo più grave per il settore, quando l'Italia scoprì che di vino di bassa qualità si poteva anche morire a causa del metanolo. E i morti, secondo le cronache, furono ben 22; ma molti furono colpiti in vario modo dall'esito di questa colossale frode alimentare. Oltre a chi perse la vita, e nel più fortunato dei casi la vista, ci furono tanti imprenditori onesti del settore trascinati dal tracollo del mercato.
Ma dai mali, a volte, si può ben trarre insegnamento. Così l'Italia enologica si rimboccò le maniche, costretta a recuperare immagine e mercato. L'anno del metanolo arrivava d'altra parte in un momento particolare, nel quale il settore era avviato finalmente all'ascesa. Il 1985 era stato un anno boom per il comparto, con l' export arrivato a quasi 17 milioni di ettolitri; nel 1986 fu invece crollo, con appena 10 milioni di ettolitri esportati.
Oggi, dopo due decenni di lenta ma inesorabile ripresa, le esportazioni si attestano attorno ai 15 milioni di ettolitri. Ma ciò che fa la differenza è la qualità e, di conseguenza, anche il valore: oggi l'export sfiora i 3 miliardi di euro, mentre nel 1985 era di circa 1.500 miliardi di lire. All'epoca del metanolo Ezio Rivella era presidente dell'Associazione Enologi Italiani: "la vicenda fece scattare un clic nei consumatori - ricorda - in realtà fino ad allora c'era un corsa sfrenata ai prezzi più bassi e solo in quell'occasione si capì che significava comprare vino di qualità scadente".
Dunque, secondo Rivella, dopo il metanolo si è capito che una merce di qualità costa di più e "il mercato si è aperto ai vini più cari ma di qualità superiore, scartando i prodotti scadenti; questo è stato il meccanismo virtuoso". E proprio come presidente degli enologi Rivella ha ricordi un po' amari: "la nostra categoria fu presa di mira anche se non c'entravamo niente - ricorda - i colpevoli erano degli stregoni improvvisati che si erano inventati un prodotto che non poteva esistere".
Dello stesso avviso anche il marchese Piero Antinori, nome storico del vino, secondo il quale la vicenda del metanolo, che sembrava essere "il de profundis del vino", in realtà ha innescato un "meccanismo virtuoso" sia sul fronte dei produttori che hanno capito di "dover fare le cose più seriamente", sia sul fronte dei consumatori che si sono resi conto di dover pagare "un prezzo giusto per un prodotto di genuino e che non può costare meno dell' acqua minerale".
Francesca Planeta, giovane produttrice siciliana, aveva appena 15 anni: "la Sicilia in quel periodo viveva un altro problema, quello degli sfusini che venivano venduti solo per fare da taglio per altri vini". Ma il metanolo ebbe evidentemente effetto anche su questo fronte. "Si può dire che già dalla metà degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 - continua Planeta - si è puntato sulla qualità e investito sulla ricerca; negli ultimi 6 o 7 anni questo fenomeno è esploso, anche se c'é ancora molta strada da fare".
La vicenda del metanolo ha segnato in ogni caso un'autentica rivoluzione. "Ha dato un grande scossone al settore - sottolinea il presidente dell'Unione Italiana Vini, Andrea Sartori - perché, a partire da quell' episodio, i produttori hanno dimostrato di non fare solo chiacchiere ma sono riusciti ad orientarsi sulla qualità; il metanolo ha cambiato la testa dei produttori e anche dei consumatori".Lapidario il direttore di WineNews, Alessandro Regoli, per il quale non ci sono dubbi: "il vino italiano, quello vero, è nato esattamente in quella data di venti anni fa".
Fonte: Ansa

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