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Allarme rosso in Usa: le spedizioni di vino italiano Oltreoceano frenano e, dopo 16 anni, la Francia azzera il gap e punta al primato tricolore. Silvana Ballotta (Business Strategies): “la differenza sta nell’uso degli strumenti di promozione”

Italia
Silvana Ballotta, ad Business Strategies, con la wine opinion leader Jancis Robinson

Quello che in molti temevano, alla fine, sembra essersi realizzato: la locomotiva del vino italiano, in Usa, rallenta, frenata dalle incertezze che ancora avvolgono i fondi destinati alla promozione più che dalla svolta protezionista annunciata, ma ancora non attuata, dal Presidente Trump, anche perché nel frattempo le spedizioni di vino francese, in terra americana, continuano a correre e, dopo 16 anni di dominio, il primato tricolore rischia di diventare presto un ricordo sbiadito. “Gli Stati Uniti non sono assolutamente un mercato maturo per il vino. La Francia lo sta dimostrando, l’Italia purtroppo no. Mentre i nostri strumenti di promozione vanno a rilento affossati da burocrazie e incertezze, quelli transalpini, che sulla carta sarebbero gli stessi, funzionano benissimo e il risultato è che dopo 16 anni i francesi ci hanno agganciato nel primo mercato al mondo, recuperando in 8 mesi oltre 130 milioni di euro”. Parole di Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies, commentando le ultime rilevazioni sull’export del vino italiano. Secondo l’Osservatorio Paesi terzi a cura di Business Strategies, infatti, è ormai testa a testa tra Italia e Francia sul mercato statunitense, con uno scarto che si è assottigliato sempre più e che ora è di appena 8 milioni di euro su valori che superano il miliardo. Dalle elaborazioni sui primi 8 mesi del 2017 (fonte dogane) il Belpaese chiude con un valore di 1,099 miliardi con i francesi a 1,091 miliardi di euro, con quote di mercato rispettivamente del 31,5% e 31,3% (www.bsnstrategies.com).

Il dato è il risultato di un boom di vendite transalpine nel periodo considerato (+18,9%) e allo stesso tempo di un incremento debole rispetto al mercato del made in Italy enoico (+4%), che equivale alla metà della crescita media delle importazioni di vino negli Usa (+8,6%) e ad un quarto del risultato francese. E se in volume la domanda di vino italiano si conferma quasi doppia, il principale competitor risponde con la stessa proporzione sul fronte del valore, con prezzo medio fissato a 9,7 euro al litro, contro i 4,9 euro dei vini tricolore. Un percorso parallelo che, secondo l’analisi, è caratterizzato da molti distinguo: sugli imbottigliati fermi, ad esempio, il primato italiano è più evidente e al contempo più in sofferenza, con 881 milioni di euro di merce importata contro 706 milioni di euro dei francesi, ma con un incremento notevolmente più debole rispetto a Parigi (2,2% contro 20,6%). Diverso il discorso sugli spumanti, dove il Belpaese si difende meglio dalla supremazia transalpina (377 milioni contro 201 milioni di euro) e limita parzialmente il gap, con una crescita dell’11,8%, a fronte di un +15,3 dello Champagne.

“Quest’anno la domanda di vino è in grande crescita - aggiunge Silvana Ballotta - ma noi ne approfittiamo meno di tutti i principali paesi produttori. L’export italiano nel mondo infatti aumenta in valore del 7,1%, ma c’è poco da festeggiare se si osservano le performance dei competitor, a partire da Francia, Australia e Nuova Zelanda che registrano incrementi delle vendite in doppia cifra. Serve perciò un cambio di marcia sui tempi e sulle modalità di gestione degli strumenti promozionali a nostra disposizione, perché le quote perdute sono difficili da recuperare”.

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