Un bianco importante. Ecco cosa salta al naso e in bocca assaggiando il Caiatì. Complice anche l'annata secca e calda, questo vino ha una beva caretterizzante. Quindi no, nessun bianco beverino e disimpegnato. L'uva, il Pallagrello Bianco, è uno degli amori di Michele Alois, il fondatore dell'omonima azienda di Pontelatone, in provincia di Caserta. L'uva amata dal re "Nasone", Ferdinando IV di Borbone, che molto fece per l'agricoltura e la viticoltura del Regno delle Due Sicilie. Un luogo, le colline caiatine - da Caiazzo - che sono un altro pezzo di Campania che non ci si aspetta: verdissimo, con vette rilevanti, aria tersa, agricoltura attenta e artigianale. E da queste parti il nome Alois vuol dire soprattutto seta, perché non c'è stanza al mondo che conti - Vaticano, Casa Bianca, Louvre - che non abbia rivestito qualcosa grazie al setificio Alois. L'amore per il vino arriva in età matura e Michele Alois investe sui vitigni autoctoni, Pallagrello Bianco e Nero e anche Casavecchia. Caiatì è appunto un omaggio a questa zona dell'Alto Casertano. Una veste di un giallo brillante; il naso richiama frutta gialla come susina e pompelmo; in bocca si ispessisce: troviamo la nespola e anche la mandorla. Ha un impatto materico, ma i sentori di erbe aromatiche, che porta con sé, rendono il finale più agile e fresco, lasciando davvero un palato profumato. Annate più fresche possono reggere bene il tempo.
(Francesca Ciancio)
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