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ANCORA LONTANO IL MATRIMONIO TRA FINANZA E VINO. MA BORSA ITALIANA SPA GUARDA CON ATTENZIONE IL SETTORE. L’AD CAPUANO SPIEGA: “NEL COMPARTO VINO 14 AZIENDE QUOTABILI”

Italia
Blue chips del vino italiano

"Utilizzando le stesse tecniche di cui facciamo uso per capire il potenziale di imprese quotabili, abbiamo individuato 14 aziende italiane che operano nel comparto del vino che potrebbero sbarcare sul mercato": così Massimo Capuano, amministratore delegato di Borsa Italia Spa, nel convegno "Finanza e Vino" organizzato da Borsa Italiana Spa.
Secondo uno studio redatto da Borsa Italiana spa la dimensione complessiva del bacino di società quotabili che operano nel settore vitivinicolo si avvicina ai 1.200 milioni di euro di fatturato (secondo i dati del 2000). Più nel dettaglio tra le società quotabili 4 avrebbero un giro d'affari compreso tra i 25 e i 50 milioni di euro, 8 tra i 50 e i 100 milioni di euro e 2, infine, oltre i 100 milioni di euro. Aziende concentrate nel Nord Italia, e più precisamente: 3 in Piemonte, 3 in Emilia Romagna, 3 in Trentino, 5 tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Massimo Capuano ha detto che la Borsa potrebbe dare una mano alle aziende del settore per ampliare le proprie dimensioni. "stiamo studiando - ha detto il numero uno di Palazzo Mezzanotte - strumenti finanziari che potrebbero essere di vantaggio alle aziende vitivinicole consentendo loro di realizzare un progetto industriale, una crescita dimensionale e di mettere in piedi una rete capillare di distribuzione".
"La finanza - ha spiegato Capuano - può offrire alle imprese del sistema vino opportunità nella raccolta di risorse per crescere e rafforzare la struttura patrimoniale". Attualmente infatti uno degli handicap maggiori del comparto italiano è la forte parcellizzazione della proprietà e le piccole dimensioni delle aziende a confronto con i grandi colossi stranieri con i quali mantiene vantaggi legati al rapporto qualità-prezzo, e al valore della tradizione e del brand. La via da scegliere per le imprese vitivinicole italiane: quotazione in Borsa, ricorso a strumenti finanziari già ampiamente usati all'estero (future, vendita en primeure) o anche l'allargamento del capitale a soggetti esterni come fondi o venture capital.
D'altra parte, Capuano ha riconosciuto che le aziende del comparto sono restie al progetto di quotazione "sia per la novità del progetto visto che per adesso esistono soltanto due imprese quotate (Campari e Zignago, 1,076 miliardi di euro di capitalizzazione, e 302 milioni di euro di capitalizzazione). Due società che, peraltro, non hanno il core business incentrato sul vino.), sia per la specificità del comparto, un comparto molto frammentato formato da soggetti di piccole dimensioni e legata all'andamento ciclico del processo produttivo".
A raccogliere questa sfida si è fatto avanti Charme, il fondo formato dalla famiglia Montezemolo e dagli imprenditori Vittorio Merloni e Diego Della Valle. Matteo Cordero di Montezemolo ha annunciato nel convegno di Milano che, sulla base di quell'esperienza, Charme intende guardare "ad un investimento strategico nel settore del vino con un partner al quale portare non solo denaro ma una cultura di impresa, realizzando una grande azienda che sia in grado di affrontare anche i mercati esteri. Non intendiamo uscire dopo qualche anno - ha inoltre promesso - come avviene nell'ottica dei fondi" che devono realizzare guadagni in un'ottica di breve-medio periodo". Chi invece è già a lavoro su questo fronte è Martino De Rosa, che guida Wiish group (Wine Investment International Service Holding), una nuova società, che ha finanziatori di prim'ordine del panorama economico e imprenditoriale italiano, che ha l'obiettivo di acquistare terreni e piccole aziende nei territori più prestigiosi del mondo del vino guardando alla Borsa. Ma anche Rolando Chiossi (presidente di Gruppo Italiana Vini, il più grande gruppo di cooperative di vino) ha in atto una trasformazione del gruppo in società per azioni per “avviarsi in borsa nel giro di tre/cinque anni e stringere joint venture con produttori”.
A frenare, in qualche modo le ipotesi di quotazione per le imprese vitivinicole italiane, è Stefano Romiti, managing partner della Deloitte Financial Advisory, autore di uno studio sul settore: "c'é ancora uno scoglio culturale in Italia dovuto alla proprietà delle aziende da parte delle famiglie, che temono di perdere il controllo dell'impresa e alle condizioni difficili del mercato. L'interesse del mondo economico per il settore rimane invece forte, come Deloitte - spiega - abbiamo in corso operazioni di acquisto da parte di gruppi italiani in aree molto promettenti come la Maremma in Toscana e la Sicilia".


Le società quotate sui mercati internazionali
Italia - 2 società (Campari e Zignago) - 1.378 milioni di euro
Francia - 8 società (Lauroni, Michel Laroche, Jeanjean, Taittinger) - 911 milioni di euro
Spagna - 4 società (Bodegas Riojanas, Compania vinicola del norte de Espana, Baron de Ley, Federico Patemina) - 586 milioni di euro
Grecia - 1 società - 39 milioni di euro
Germania - 2 società (J. Oppmann, Schloss) - 52 milioni di euro
Sudafrica - 1 società (Distell group) - 321 milioni di euro
Australia - 14 società (Southcorp, McGuigan Simeon, Peter Lehamnn Wines, Evans & Tate) - 2.065 milioni di euro
Stati Uniti - 8 società (Mondavi, Chalone Wine Group, Willamette Valley Wine) - 7.578 milioni di euro
Canada - 5 società (Vinicor international) - 813 milioni di euro
Cile - 5 società (Concha y Toro e Vina San Pendro) - 1.210 milioni di euro.
Sono escluse le società che hanno prevalente attività nelle produzioni di altri alcolici.
La fonte è Bloomberg ed i dati sono stati aggiornati al 21 ottobre 2003.


La proposta - Zonin lancia un appello al Governo
Il più grande possessore di vigna d'Italia Gianni Zonin lo ha detto chiaro: “ci sono 500.000 ettari di vigneti in Italia da rinnovare e servono oltre 25 miliardi di euro”. Per questo il primo produttore ha lanciato un appello, in primo luogo al Governo, chiedendo agevolazioni fiscali per allargare la proprietà privata e per l’accorpamento fondiario. Un vantaggio per ora riservato solo ai coltivatori diretti. Il presidente della casa vinicola ha tracciato, inoltre, uno scenario per i prossimi anni che prevede fusioni tra aziende di piccole e medie aziende e ha sollecitato anche l’apertura al capitale a fondi e private equità.


Fondo Charme - Montezemolo: "ci piacerebbe settore del vino"
"Ci piacerebbe guardare nel settore del vino, individuando un partner cui apportare le competenze di Charme con cui condividere un processo di crescita e vedere e concordare assieme una serie di acquisizioni, affrontare mercati nuovi": lo ha detto Matteo Montezemolo. Ed ha precisato che l'investimento eventualmente non seguirebbe una logica prettamente finanziaria: "Charme si pone come obiettivo quello di entrare e affiancare un imprenditore e condividerne un progetto di valorizzazione dell'azienda. Anche se il settore del vino è un settore difficile in cui effettuare investimenti". Montezemolo ha quindi ricordato che Charme non è un fondo di investimento tradizionale ma è un'iniziativa creata per realizzare investimenti strategici in un'ottica imprenditoriale.

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