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ANNATA OBBLIGATORIA IN ETICHETTA E ELIMINARE LE DOC CHE ESISTONO SOLO SULLA CARTA: LO CHIEDONO GLI ENOLOGI ITALIANI, A CONGRESSO DAL 25 AL 28 GIUGNO A REGGIO CALABRIA

Italia
Giuseppe Martelli, direttore generale AssoEnologi

Introdurre l'annata obbligatoria in etichetta per tutti i vini a denominazione di origine: è una delle due proposte di "maggior peso" che l'Associazione degli Enologi Italiani, l'organizzazione nazionale di categoria dei tecnici vitinicoli, formalizzerà nel suo prossimo congresso nazionale, a Reggio Calabria, dal 25 al 28 giugno prossimi.

"Bere un Vermentino di Sardegna di due anni prima o un Prosecco ossidato - afferma Giuseppe Martelli, direttore generale - non fa certamente immagine né al vino italiano, né al produttore o all'enologo a cui spesso vengono date colpe che non hanno". A tutt'oggi l'annata in etichetta è obbligatoria soltanto per i doc ed i docg imposta dal disciplinare di produzione. "Abbiamo fatto uno studio - aggiunge Martelli - per vedere quanti dei 330 disciplinari attualmente in vigore la vogliono sempre e comunque. I risultati dicono che l'annata di produzione in etichetta è obbligatoria per sole 134 denominazioni e solo per il 46% dei vini bianchi, cioé per quei vini che poggiano nella fragranza, nella freschezza e nella gioventù le loro primarie caratteristiche qualitative".

La seconda proposta dell'Associazione Enologi Italiani mira a dare più importanza "all'istituto della revoca", cioé ad eliminare le doc che in pratica esistono solo sulla carta: gli enologi ritengono che si debbano insomma incoraggiare i produttori e gli enti che credono nelle denominazioni d'origine ed eliminare quelle che non interessano neppure a chi le ha richieste.

L'Italia - secondo un'indagine - può contare su 290.000 ettari di vigneto a denominazione di origine che danno vita a 330 doc e docg. Di questi ettari però solo 190.000, pari al 65%, sono effettivamente utilizzati per la produzione più nobile della nostra enologia. Sono infatti ben 90 le denominazioni che rivendicano meno del 50% della loro "potenzialità da vite", di cui 28 ne utilizzano meno del 20%, 14 meno del 5% e 7 esistono solo sulla carta, in quanto "non risulta che abbiano mai prodotto una bottiglia di vino". Ci sono invece denominazioni che rivendicano, ovvero utilizzano, più del 95% della superficie da vite a loro attribuita, tra queste il Barolo, l'Asti, il Chianti Classico, il Friuli Colli Orientali, la Vernaccia di San Gimignano. "Non si tratta di contrapporre - sottolinea Martelli - piccoli e grandi produttori o vini di nicchia con quelli dai grandi numeri, ma di premiare gli sforzi di chi ha fatto si che i vini a denominazione di origine italiani passassero dal 10% degli anni '80 al 25% degli attuali diventando "le locomotive del nostro vino di qualità nel mondo".

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