Il castello di Banfi - Poggio alle Mura - è lo scrigno dell’estesa azienda ilcinese della famiglia statunitense dei Mariani. Non solo perché ospita un relais di lusso e un ristorante stellato, o perché è il palco che inaugura la stagione musicale estiva dell’apprezzato Festival Jazz&Wine, ma soprattutto perché ha rappresentato l’apice dell’intenso lavoro di zonazione e di studio clonale iniziato nei primi anni Ottanta. Partito come progetto innovativo per capire la terra che avevano sotto i piedi e da cui costruire una piramide di selezioni della cantina, oggi coinvolge una trentina di ettari, posti fra i 180 e i 220 metri s.l.m. e particolarmente adatti alla coltivazione del Sangiovese, grazie alle argille plioceniche ricche di scheletro e calcare. I primi vigneti vengono piantati nel 1992 e da qui nasce il primo progetto di viticoltura vocata, con la linea Poggio alle Mura e i suoi tre vini: il Brunello nel 1997, il Brunello Riserva dieci anni dopo, nel 2007, e infine il Rosso di Montalcino nel 2010 (senza dimenticare i due cru: la Riserva Poggio all’Oro in produzione dal 1985 e la recentissima Vigna Marrucheto, uscita per la prima volta con l’annata 2017). Assaggiata qualche mese fa in occasione di Red Montalcino 2023, l’annata 2020 del Rosso di Poggio alle Mura ha un sorso materico ma elegante e ben bilanciato, anche nei sapori di caramella al lampone, agrumi rossi, con un tocco floreale finale.
(ns)
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