Dici Benanti e inevitabilmente scrivi Etna. Giuseppe Benanti, insieme all’enologo Salvo Foti, modellò nel 1988, poco più di trenta anni fa, un tempo tutto sommato contenuto anche se sembra lontanissimo, la prima cantina tutta proiettata sui vitigni di antica coltivazione del vulcano. Non solo, è stata anche la prima azienda a scommettere sulla bontà delle caratteristiche degli specifici vigneti coltivati sui quattro versanti dell’Etna, oggi sempre più enfatizzate attraverso la dicitura “contrada”, ad indicare veri e propri Cru. Una visione pionieristica rappresentata soprattutto dal bianco di casa, quel Pietramarina che agli inizi del Nuovo Millennio diventò un vero e proprio simbolo dell’enologia etnea e siciliana. Oggi, l’azienda è condotta dai figli di Giuseppe, Antonio e Salvino, e conta su 28 ettari a vigneto per una produzione di 160.000 bottiglie, ma la cifra stilistica e il carattere spiccato dei vini a marchio Benanti non sono cambiati, rivelando sempre la loro identità, ben ancorata su una solida coerenza con il terroir da cui sono ottenuti. Anche in etichette non di prima fascia, come nel caso del rosato oggetto del nostro assaggio. La versione 2019 è un vino decisamente non banale. I suoi profumi sono vari e comprendono frutti rossi, agrumi, erbe aromatiche e grafite. In bocca, il vino possiede sorso sapido e fragrante che scivola via con delicata piacevolezza e invoca subito il bis.
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