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“BISOGNA DARE MAGGIORI OPPORTUNITA’ AI VINI DA TAVOLA”. A DIRLO NON UN IMBOTTIGLIATORE O UNA COOPERATIVA DEL NOSTRO PAESE, MA “LE ROI” ANGELO GAJA

Italia
Angelo Gaja

Potrebbe apparire un paradosso o una mera provocazione il fatto che a schierarsi dalla parte dei vini da tavola sia Angelo Gaja, simbolo della produzione d’elite del nostro paese e distributore di etichette griffate provenienti un po’ da tutto il mondo. Ma a ben guardare, le riflessioni dell’imprenditore di Barbaresco sono, appunto, considerazioni imprenditoriali, che hanno il merito di chiosare un mercato e un comparto in una delle sue fasi di cambiamento più radicale.
“Storicamente - spiega Angelo Gaja - la legge 164 del 1992, che subentrava alla 930, privò d’un colpo i vini da tavola della possibilità di scrivere in etichetta l’annata, la varietà e l’indicazione geografica. Si ritenne allora che la decapitazione fosse necessaria per favorire l’ingresso sul mercato delle nuove Igt e per dare più spazio alle Doc. La 164 ebbe il merito di orientare la produzione nazionale verso un minore uso in etichetta dei nomi varietali a vantaggio dei nomi geografici, dei nomi di territorio. Spinse i vini da tavola di qualità e prezzo più elevati a trasferirsi nelle categorie superiori, quelle dei vini Igt e Doc, con rilevanti benefici di immagine per tutto il vino italiano. I vini da tavola ne uscirono però fortemente indeboliti - prosegue Gaja - e, nonostante fossero particolarmente richiesti sui mercati del Nord Europa ed extraeuropei, si trovarono nell’impossibilità di competere con i vini varietali, prodotti nei paesi del Nuovo Mondo, con uno svantaggio notevole per il nostro Paese che avrebbe potuto invece competere con successo anche nel segmento dei “table wines” e non soltanto nella produzione dei soliti Chardonnay e Cabernet Sauvignon, ma anche in quella più esclusiva dei Sangiovese, Barbera, Trebbiano”.
L’Italia del vino ha così progressivamente perso competitività nella produzione dei vini “quotidiani” a favore dei vqprd, e, “nell’arco di 14 anni, tanti ne sono trascorsi dall’entrata in vigore della 164 - continua Gaja - forti cambiamenti sono avvenuti nel mondo della produzione del vino italiano. Il sistema cooperativistico ha affrontato i mercati esteri assimilandone le dinamiche commerciali. Moltissimi dei commercianti classici di un tempo hanno investito in vigneti ed hanno acquistato una cultura della produzione viticola e del territorio che in passato non possedevano”. Questo fatto, se da una parte ha irrobustito l’intero comparto, dall’altra, lo ha privato di un tassello importante del proprio mosaico di offerta, che in un momento di crisi come quello attuale, avrebbe potuto rappresentare una “valvola” di sfogo alla crisi da sovrapproduzione. Per Angelo Gaja è arrivato il momento per concedere maggiori opportunità ai vini da tavola.
Ma come? “Occorre dotare i vini da tavola - attacca Gaja - di un progetto meno penalizzante, meno autolesionistico, che consenta di confrontarsi ad armi pari con gli equivalenti vini prodotti nel Nuovo Mondo. Andrebbe riconosciuta a questi vini, a partire anche da una modifica dei regolamenti dell’Unione Europea, la facoltà di portare in etichetta l’annata e/o l’indicazione varietale, mentre resterebbe vietato di portare in etichetta l’indicazione geografica. Inoltre - prosegue Gaja - andrebbe introdotto nella regolamentazione nazionale un nuovo provvedimento con cui il produttore possa indicare in etichetta annata e/o varietà soltanto se il vino sia venduto ad un prezzo che stia al di sotto di un limite da stabilire e periodicamente aggiornato. Per esempio, saranno autorizzati ad avvalersi del provvedimento i vini da tavola il cui prezzo a bottiglia, partenza cantina, non superi 2,50 euro; ne saranno esclusi i vini venduti sfusi e/o all’ingrosso”. Ma perché puntare su un tale provvedimento? Semplice - spiega Gaja - “occorre dissuadere i produttori che già godono di marchi forti dal dare nuovo slancio alla produzione di vini da tavola di qualità, immagine e prezzo elevati perchè questi debbono rientrare nelle categorie superiori, Igt e Doc, evitando la confusione che già si era gravemente manifestata in passato e alla quale la 164 aveva doverosamente posto rimedio”.
Ma per Angelo Gaja debbono essere irrobustite anche le tutele per i vini Doc e Igt: “si dovrebbe attribuire alle Regioni, dietro richiesta dei produttori, la facoltà di imporre l’obbligo della fascetta/contrassegno di stato a tutti i vini prodotti in una specifica regione sia a Igt che a Doc. Ad oggi la fascetta sembra costituire il sistema più efficace di controllo della quantità prodotta - prosegue Gaja - e a tale proposito occorrerà valutare se richiedere che il regime sanzionatorio in materia di falsificazione delle fascette vada inasprito. Si parla tanto di territorio e di una sua valorizzazione anche in favore del vino - conclude Gaja - occorre allora operare affinché la quantità posta in commercio dei vini a Igt e a Doc corrisponda sempre più a quanto realmente prodotto dai vigneti di quel territorio”.
Franco Pallini 

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