L’elenco sarà necessario, e comunque non noioso. Perché alla fin fine, più di tanti commenti comunque soggettivi e opinabili, sono i dati certi a contare. Ecco perché raccontare di Borgoluce significa in primis parlare di un paradiso terrestre: fatto di boschi, frutteti, semine, pascoli, suini, ovini, bovini, vigneti, rivoli d’acqua, strade bianche ed erbe e fiori d’ogni tipo. Un contesto da fiaba, dove ovviamente non mancherà ospitalità adeguata, che supera i milleduecento ettari e che, nonostante i numeri e l’articolazione del progetto, ruota attorno all’ecosostenibilità ambientale e alla conduzione biologica: anche per quanto concerne il vino, ovviamente, che di recente ha visto la conversione alla biodinamica di diciassette ettari persino negli impianti più pianeggianti, quindi in condizioni viticole bisognose di maggior attenzione. A rendere ulteriormente l’idea basterà ancora citare l’autonomia di molta parte della tenuta e della cantina, basata su impianti fotovoltaici e a biomassa. Onore al merito, quindi a Lodovico Giustiniani - e a tutti coloro che operano con lui -, che oltre ad alcuni vitigni internazionali punta logicamente sulla Glera. Sempre divertentissimo, al riguardo, questo Gaiante: “col fondo”, com’usa dire, per la presenza in bottiglia dei sedimenti naturali dovuti alla rifermentazione, è floreale e fruttato, con ricordi lievitati e di crosta di pane.
(Fabio Turchetti)
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