Diano d’Alba è sinonimo di Dolcetto, e dei migliori. Ma ci sono poi assaggi che confermano - ce ne fosse bisogno – che questa è terra vocata a tutto tondo, unica, magica anche oltre la più consueta delle accezioni. Maiolica (ovvero varietà di calcare compatto, e bianchissimo) è il nome antico del Bricco che attinge nel tempo un livello di prototipo del suo genere. È qui che si è puntato alla produzione di un bianco dalle stimmate olfattive speciali, in qualche modo concepito – anche per longevità – in stile francese. Il sorso è complesso, stratificato. Il legno, intenso, non è amalgamato ma fuso in toto nel vino. Il progetto del resto è nato nel 2005, e il tempo è servito a capire che per affusolare durezze e acidità dello Chardonnay servono più o meno 50 giorni di barrique, durante i quali avvengono entrambe le fermentazioni, malolattica inclusa. I batonnages frequenti e nello stesso contenitore favoriscono consistenza e profondità. C’è ricerca e materia. Non stupisce dunque il nome: “Pensiero Infinito”. Quasi quanto – e piace per questo – la lunghezza gustativa del vino, sorso di Diano in veste borgognotta, passo da maratoneta e pura radice geologica che valorizza anche le altre (più “regolari”) produzioni aziendali: Barbera, Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e Nebbiolo. Con un aplomb “langhetto” che sa quel che fa anche quando pesca uve dal contesto cosiddetto “internazionale”.
(Antonio Paolini)
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