È scommessa e blasone: con affinamento costante di lavorazione tanto in vigna (ove la famiglia Paillard sta adoperandosi a medio e lungo termine per garantire la massima difesa dai cambiamenti climatici in corso e più ancora da quelli annunciati e temuti) che in vinificazione ed elevazione, dove le scelte sono sempre più estreme e, insieme, meditate. Si comincia col farlo solo nelle annate (poche: solo sette sinora) davvero giuste. E il 2004, millesimo di armonia ed equilibrio, generoso per quantità, d’impatto meno aristocratico del celebrato 2002, poi un po’ oscurato dall’attesa per l’estroverso 2008, e dunque meno citato nella litania delle “année exceptionnel”, lo è però davvero. Figlio di soli grand cru, fermentato in barrique vecchie - e “neutre” - dov’è rimasto 10 mesi prima di assemblaggio e rifermentazione, poi 12 anni e passa in bottiglia sui lieviti (sboccatura 2017 e dosaggio omeopatico: 3 grammi) il Nec Plus Ultra parla una lingua articolata, autorevole, convincente senza bisogno di alzare – per così dire – la voce. Nessuna massività rocciosa in stile ’96, né tensioni aguzze: ma naso di frutta composta (agrumi, frutta gialla, piccoli frutti rossi maturi) e suadente avvolta, preceduta e seguita da note floreali distinte e di fine eleganza. Il finale parla del tempo passato e di futuro: nuance balsamiche, scure, e ancora piccoli frutti, ma di evidente, nobile croccantezza.
(Antonio Paolini)
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