Si decide di far vino per scelta, per caso e a volte per bellezza. Tanti imprenditori di altri settori hanno comprato dimore con vigneti annessi. E lì talvolta scatta la scintilla, quella di provare a fare del vino. La stessa che ha colpito la famiglia Buglioni, ristoratori a Verona che agli inizi degli anni '90 comprano un casale a San Pietro in Cariano con qualche ettaro di vigna. I primi tempi sono fatti di vendemmie in goliardia con amici e parenti. Nel 2000 però il gioco si trasforma in qualcosa di serio con il coinvolgimento dell'Istituto di San Michele all'Adige. Partita da poco più di tre ettari, oggi l'azienda ne conta quasi 50, puntando solo su uve autoctone: Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, Oseleta, Croatina e Garganega. La produzione dei rossi la fa da padrone - siamo in Valpolicella d'altronde - con l'Amarone a rappresentare il top di gamma. Tuttavia non mancano alcune sperimentazioni innovative e divertenti. Come il Molì, un rosato frizzante delle Venezie realizzato secondo il metodo ancestrale. Il nome richiama l'uva Molinara che fa macerazione per 48 ore con le bucce, fermentazione e poi presa di spuma in bottiglia. Ha un colore ramato/arancio brillante. Il naso ha sentori agrumati ma è la bocca che convince per la vinosità e per una tensione vibrante. Semplicemente dissetante e appena profumato. Perfetto da mettere in tavola a tutto pasto.
(Francesca Ciancio)
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