La nuova generazione di Ca di Rajo è fatta di tre fratelli - i Cecchetto - che assieme non superano i cento anni. È più vecchia la vigna da cui producono questo vino, l'Iconema, che ha già nel nome il valore di questo progetto. Gli iconemi d'altronde sono elementi costitutivi del territorio che impressionano per la loro evidenza, bellezza e singolarità: nell'azienda trevigiana l'emblema perfetto di ciò sono i vigneti con sistema d'impianto a Bellussera. In particolare, questo del Tai, appartiene da inizio '900 del secolo scorso a una famiglia del posto e Ca' di Rajo, assumendone la gestione, lo ha strappato alla dimenticanza. Altissimi infatti sono i costi di lavorazione. Uno straordinario lavoro di precisione fatto di fili di ferro disposti a raggi che tengono dritti pali alti quattro metri e da cui pendono grappoli a due metri da terra. Visto dall'alto ricorda un origami; dal basso vien voglia di organizzare un picnic all'ombra dei filari. Questa bottiglia ha una bella responsabilità: riportare nel bicchiere almeno parte della bellezza di questo paesaggio umano e naturale. Ci riesce con un giallo luminoso, con una brillantezza invitante, con un naso che sa di miele agrumato e pompelmo. In bocca si rivela sapido e lungo, con una chiosa che richiama la mandorla e il profumo dell'erba appena tagliata. Produzione esigua che vede anche 100 magnum in scatole firmate da venti diversi artisti.
(Francesca Ciancio)
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