“Il tutto, molto bello!”, come avrebbe commentato il buon Bruno Pizzul, indimenticato telecronista della nazionale italiana di calcio, dopo un’azione mirabolante appena conclusasi. Gli rubiamo l’esclamazione, se possibile (sapendolo anche appassionato di vino), per provare a sintetizzare quanto di straordinario avviene in questa cantina, grazie a un lavoro encomiabile. Perché Calafata, cooperativa coi fiocchi sorta nel 2010, è riuscita a fare quello che molti ipocritamente sbandierano, senza però mantenere le promesse, e che altri addirittura non si sognano neanche di concepire. Ci riferiamo al costante recupero di appezzamenti abbandonati, e se ciò non bastasse affidati poi al lavoro di persone fortunatamente recuperate alla società: coniugando in questo modo impegno sociale e sostenibilità ambientale. Basterebbe citare lo storico vigneto della Maulina, dove viti quasi secolari (alcune a piede franco) hanno ripreso a vivere con pieno vigore: è anche per questa ammirevole salvaguardia, umana e agronomica, che nelle terre lavorate dall’azienda, situate a nord di Lucca, vivono ormai una quarantina di vigne diverse, sia per altezza sia per tipologia di sottosuolo. Il Majulina arriva da quelle piante secolari succitate: frutti di bosco, arancia rossa e melograno a marcare l’olfatto, con palato complesso ma beverino al contempo, e sapidità e freschezza a tenere i ritmi gustativi.
(Fabio Turchetti)
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