La storia di Santadi racconta più di tante parole l’importanza di questa cantina nel percorso di crescita del vino sardo. Una storia che nasce ormai sessanta anni fa (era il 1960), dallo slancio di un gruppo di vignaioli. I primi anni servirono a rodare una macchina complessa con produzione e vendita di solo vino sfuso, mentre le prime bottiglie arrivano intorno agli anni Ottanta. Anni in cui in cantina era in atto uno scarto decisivo, visto che il presidente era già Antonello Pilloni (ancora in carica) e che il gruppo dirigente di allora chiamò un certo Giacomo Tachis. Questi gli albori, oggi la Cantina Santadi è un colosso, almeno per l'economia dell'isola dei Nuraghi, da quasi 1.800.000 bottiglie e oltre 600 ettari a vigneto. Certo la stella resta il vino simbolo della cantina, il Terre Brune, ma anche il resto della gamma è cresciuto non solo in quantità ma anche in qualità, e perfino nelle tipologie più “marginali”, come nel caso di Festa Norìa. Questo vino liquoroso, le cui uve provengono da viti franche di piede situate sulla costa del basso Sulcis, ha colore ambrato con riflessi rosso granati, e naso fruttato e balsamico con affioramenti di cannella, noce moscata e macchia mediterranea, dal mirto al ginepro. Al gusto è avvolgente, caldo, dal sorso pieno e continuo per una esperienza davvero coinvolgente e che guarda decisamente alla trazione più antica della Sardegna enoica.
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