Sette uomini trasformati in sette cani, dopo aver insultato una processione religiosa: questa è la leggenda popolare che racconta il motivo per cui una frazione di Castelvetro si chiama Settecani. La stessa frazione che ospita l'omonima cantina cooperativa, nata nel 1923 e che l'anno prossimo festeggia le 100 vendemmie. Partiti con 48 viticoltori a darsi man forte, oggi Settecani rappresenta 180 soci, 400 ettari di vigna e oltre un milione di bottiglie prodotte. Il territorio, ai piedi dell'Appennino, è quello vocato ai Lambrusco, in particolare al Grasparossa (che dà il nome alla locale Denominazione), ma si coltivano anche il Lambrusco Salamino e di Sorbara, oltre che il Pignoletto, il Trebbiano e il Sangiovese. C'è quindi attenzione al territorio e alle sue uve storiche e questo ha portato nel tempo a riconsiderare il proprio impatto ambientale, tanto da aderire nel 2016 alla certificazione nazionale Viva e a promuovere quella distrettuale, chiamata Minerva. Fra le diverse linee di produzione, spiccano alcuni solisti, fra cui il metodo classico Settimocielo, prima annata di produzione la 2019 in assaggio. Dopo 24 mesi di sosta sui lieviti, ne esce un vino profumato di piccoli frutti rossi e neri - dolci e in parte asprigni - con un cenno di vaniglia; aromi che si ripropongono al sorso, cremoso, vivace e saporito, leggermente amaricante e aderente, con la sapidità che si svela a fine sorso.
(ns)
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