Capichera, o del Vermentino. In realtà sarebbe forse il caso di affermare della Sardegna intera: visto il lavoro svolto dalla cantina negli ultimi trent’anni, che l’ha portata ad esser conosciuta in tutto il mondo e a comunicare il verbo di una regione di forte riconoscibilità ma finalmente consona ai tempi, ai mercati internazionali, a modalità comunicative attualissime e a strategie decisamente in linea con i dettami del terzo millennio. Tutto ha inizio negli anni Settanta, quando la famiglia Ragnedda non solo decide di nobilitare al meglio un’uva che nell’immaginario collettivo rappresentava enologicamente l’isola (almeno il versante bianchista, per non togliere al Cannonau il suo ruolo storico unanimemente riconosciuto), ma addirittura di vendemmiarla tardivamente e di affinarla in barrique, per esplorare orizzonti ancora non sviscerati. Da questa intuizione nasceranno vini poi celebratissimi: che muoveranno da questo bellissimo lembo di terra, compreso fra Arzachena e Palau, grazie a piante allevate su terreni magri e sabbiosi frutto del disfacimento granitico. Non solo Vermentino, naturalmente, perché anche Carignano e Syrah qui fanno la loro figura. Ma è giusto tornare all’apripista, citando questo 2016: fantastico nel suo girovagare fra fiori bianchi e frutti esotici, timo, lavanda e rosmarino, e dalla bocca tesa, ricca, polputa, sapida, aromatica e avvolgente.
(Fabio Turchetti)
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