Casale Pozzuolo nasce da una promessa fatta ad un nonno amato, che se n’è andato con un rimpianto nel cuore: non essere riuscito a ristrutturare il vecchio casale - rudere del 1020 - attorno a cui curava le sue uve. Daniele Galluzzi era cresciuto e aveva aperto una sua impresa, ma alla parola data al nonno ha tenuto fede. Soprattutto perché quella terra lo rallenta, gli dà una soddisfazione nuova. Ci sono voluti 4 anni per ristrutturare gradualmente l’edificio e per (ri)piantare i vigneti, oggi poco meno di 6 ettari. E poi ci è voluto l’incontro con l’enologo ilcinese Giuseppe Gorelli, che lo ha tolto da un periodo di sconforto e lo ha aiutato ad interpretare meglio il Sangiovese e ad approcciarsi in modo diverso ai mercati. Vendemmiare la sera e in più passaggi; osservare le piante e i loro movimenti, come cambiano di metro in metro a seconda del terreno su cui crescono (per lo più vulcanico); beneficiare dello scambio di correnti fra l’Amiata e il mare; scegliere fermentazioni spontanee e legni grandi; contare sul cantiniere di sempre, Giacomo Franci. Ecco il segreto di Casale Pozzuoli, che produce tre vini a Sangiovese, di cui uno in bianco. I due rossi assaggiati - Montecucco 2019 e Montecucco Riserva 2018 - parlano la stessa lingua di frutta rossa, spezie, chinotto, pepe, sangue e alloro, ma con profondità di campo gustativa diverse, in termini di incisività, aderenza, rotondità e sapore. Fratelli, buoni.
(ns)
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