Il Petit Manseng è uno di quei vitigni d’oltralpe che – al contrario d’altri, gli ubiqui di cui tutti hanno in mente, in bianco e in rosso, il quasi interminabile elenco - da noi non hanno incontrato grandissima fortuna. Pochi produttori si sono avventurati a provarlo (l’ha fatto, e bene, nel Lazio Casale del Giglio) e anche i non moltissimi tra gli appassionati nostrani che, soprattutto negli anni Novanta, ne avevano memorizzato caratteristiche e denominazione più identitaria (il Jurançon) avevano vissuto la sua parabola per lo più come quella di un’uva base per passiti dal bouquet intrigante, composito e generoso, da impiegare come alternative possibili ai Moscato nostri e altrui. La visione di Ramonteu e della sua Cauhapé, azienda avviata nel 1975 con piglio e animo senza dubbio eclettico, ma con l’eleganza come componente essenziale nell’imprinting dei vini prodotti, non ripudia o esclude ovviamente quella versione (di solito proposta in blend con Gros Manseng e Corbu), ma punta poi argutamente sul gioco del “sec” dove, come in questo delizioso La Canopée - scoperta per l’Italia da Cuzziol - le note di candito, di mandorla e d’ananas, seduttive e suadenti, e fuse a ricordi di spezia, lievi nuance tostate e di erbe aromatiche, sfociano a sorpresa in un bianco asciutto e incisivo, senza scioglimenti in morbidezza, da tavola (e da percorso largo) come da calice, e davvero inusuale.
(Antonio Paolini)
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