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BILANCIO 2018

Cina, il crollo dell’ultimo trimestre 2018 non risparmia il vino. L’Italia limita i danni

A WineNews l’analisi di Amedeo Scarpa, direttore ICE Pechino, dei dati, in profondo rosso, delle dogane cinesi

Dopo un primo semestre di crescita in doppia cifra, ed un ultimo trimestre in “profondo rosso”, l’import di vino cinese chiude il 2018 in territorio negativo, facendo segnare una frenata inattesa quanto preoccupante, che riguarda tutti i principali Paesi esportatori, con la sola eccezione del Cile. L’Italia, secondo i dati delle dogane cinesi, pubblicati da China Customs, e analizzati dall’Ice di Pechino, fa segnare un arretramento del -3,53%, per un controvalore di 155,67 milioni di dollari: un calo importante, specie se si pensa che nei primi sei mesi dell’anno il Belpaese enoico era cresciuto del +25,45%, mettendo a segno il secondo miglior risultato dietro l’Australia (+39,68%), che arretra nella stessa misura dell’Italia (-3,51%). Di positivo, in un contesto generale critico, c’è il sorpasso sulla Spagna, la cui parabola discendente era cominciata già, addirittura, nel terzo trimestre, tanto che alla fine il calo è stato del -20,13%, il dato peggiore. Male anche la Francia, al -8,75%, con i prezzi medi avvicinati da quelli del vino italiano, mentre, come detto, è il Cile l’unico grande esportatore di vino in Cina a limitare i danni e chiudere il 2018 in crescita, del +4,5%, dopo un primo semestre chiuso al +22,34%.
Capire i motivi di una flessione del genere, tutt’altro che attesa, non è semplice, ma Amedeo Scarpa, direttore Ice di Pechino, ne fa a WineNews un’analisi approfondita e puntuale.
“La Cina sta vivendo un rallentamento della domanda che non riguarda solo il vino, ma in generale i consumi delle classi medie, come raccontano, ad esempio, i dati dell’automotive. L’Italia - spiega Scarpa - in questo contesto è riuscita persino a contenere i danni, con il calo che si è scaricato soprattutto su Spagna, Australia e Francia, mentre il Cile vive una situazione particolare, con i suoi vini che, per reputation e vicinanza geografica, hanno praticamente sostituito quelli statunitensi, chiudendo il 2018 in crescita, seppur contenuta”. E è proprio la guerra dei dazi con gli Usa, deflagrata nella seconda metà dell’anno, la prima imputata, perché “il mercato, di fronte a queste tensioni, sta reagendo in maniera schizofrenica, e aspettando il boom dei consumi che solitamente accompagna il Capodanno Cinese (5 febbraio, ndr) già si respira un certo ottimismo dopo l’ultimo round con gli Usa, che potrebbe portare ad una sospensione dei dazi”.
Sul tavolo ci potrebbe essere anche “un eccesso di stock invenduto, segno che si tratta di un mercato ancora non guidato dalla domanda, ma è una probabilità da analizzare bene, perché il sentiment tra gli importatori, qualche mese fa, era assolutamente positivo, parlavano tutti di crescite importanti, tra qualche giorno avremo anche i loro dati e le loro sensazioni, che andranno a completare un quadro in cui - prosegue Scarpa - il rallentamento dell’economia cinese è ormai universalmente certificato”. Quello che è certo, “è che l’Italia ha reagito meglio degli altri, segno che il percorso intrapreso, anche grazie alla nostra campagna di comunicazione e promozione, che sarà in queste settimane su tutti i voli Air China e nei cinema del Paese, è quello giusto. Sappiamo bene il gap che ci divide dalla Francia, conosciamo il loro modello, ma stiamo costruendo il nostro - sottolinea il direttore Ice di Pechino - e credo che senza gli investimenti pubblici e privati fatti fin qui la situazione sarebbe decisamente peggiore. La domanda, adesso, è: a prescindere da questo momento, quanta nuova Italia del vino è disposta a venire in Cina per ampliare un’offerta ancora troppo limitata?”.

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