Si fa presto a dire vino: perché qui - per oltre venti ettari - anche maiali, oche, api, ortaggi, ulivi e frutteti vari si uniscono sinergicamente al primo, per dimostrare come tanto lavoro sia mosso innanzitutto da un profondo rispetto per la natura e da un progetto ecosostenibile, biologico e biodinamico, in cui Francesco Cirelli e sua moglie Michela Palazzo Adriano hanno sempre creduto fortemente. All’interno di un’azienda che a breve compirà i suoi primi vent’anni e in un comprensorio soggiogante, quello del Parco Regionale dei Calanchi di Atri, nel Teramano, in cui dei ventitré ettari complessivi di terreno sei sono quelli adibiti a vigneto - allocato a circa duecentocinquanta metri sul livello del mare, in prossimità della cantina ma soltanto con uve autoctone, doveroso precisarlo -, anche in fase enologica i titolari si preoccupano di risultare il meno invasivi possibile: procedendo con ausilio tecnologico basilare, fermentazioni spontanee e predilezione per affinamenti in anfora. È il caso fra gli altri di questo Montepulciano d’Abruzzo, macerato per l’appunto in anfora per trenta giorni, quindi travasato e lì ricollocato fino al compimento della fermentazione malolattica. Arriva in bottiglia con un olfatto elegante, complesso e dal frutto integro, mentre al palato rivela un tannino ben modulato, innervato da toni erbacei e speziati molto persistenti: durerà molto.
(Fabio Turchetti)
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