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CONTRO L’ENO-PIRATERIA NASCE IL BRUNELLO CON L’OLOGRAMMA: SULLE BOTTIGLIE GRIFFATE CIACCI PICCOLOMINI D’ARAGONA SPERIMENTATA PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA UNA SOFISTICATA TECNOLOGIA ANTI-FALSARI. IL SISTEMA E' QUELLO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Il Brunello come le banconote per difendersi dall’eno-pirateria: per prime in Italia le bottiglie griffate Ciacci Piccolomini d’Aragona, una delle cantine più famose di Montalcino, adottano uno speciale ologramma anti-falsari sulla capsula, lo stesso sistema usato dalla Banca Centrale Europea per gli euro. “L’idea - spiega Paolo Bianchini, che con la sorella Lucia guida la cantina Ciacci Piccolomini d’Aragona - nasce sia dall’esigenza di difendersi dalle contraffazioni, sia dal desiderio di dare ai nostri consumatori un importante valore aggiunto, fornendo la percezione immediata dell’originalità della bottiglia che acquistano”.
Il sofisticatissimo ologramma adottato da Ciacci Piccolomini d’Aragona (www.ciaccipiccolomini.com) è stato creato dalla Luxoro, agenzia esclusiva per l’Italia del gruppo tedesco Kurz, lo stesso che fornisce la tecnologia olografica a più di 150 banche nel mondo (inclusa la Banca Centrale Europea) per i propri documenti di sicurezza e banconote, e a marchi di prestigio internazionale come Rolex e Ferrari.
Sulla capsula delle bottiglie di Brunello Ciacci Piccolomini d’Aragona - che conta 40 ettari di vigneto e produce ogni anno 40.000 bottiglie di Brunello di Montalcino e 9.000 bottiglie di Brunello Riserva, oltre a pregiati supertuscan - sarà applicato un ologramma con base a specchio e scritte in struttura multicolore, ed un logo realizzato con una particolare combinazione di colori ed effetti grigio satinato al fine di incrementare ulteriormente la difficoltà ad imitazioni.
L’ologramma viene inserito a caldo nella capsula della bottiglia, e rappresenta un elemento più difficile da contraffare rispetto alle fascette distribuite dai Consorzi di tutela. Gli ologrammi, grazie alla complicata riproducibilità e agli alti costi, sono ad oggi una delle soluzioni più efficaci alla lotta alla contraffazione, in quanto rendono il prodotto o la confezione su cui sono apposti unici e difficilmente imitabili. La scelta di applicare l’ologramma sulla capsula della bottiglia rappresenta dunque il modo migliore per tutelare e proteggere il contenuto, garantendo al consumatore nell’atto dell’apertura della bottiglia l’autenticità del prodotto. La capsula con l’ologramma è stata già inserita su tutte le bottiglie di Brunello Ciacci Piccolomini d’Aragona dell’ultima annata in commercio (vendemmia 2001), ma dal prossimo anno sarà estesa a tutti i vini prodotti dall’azienda, comprese le Riserve e il Rosso di Montalcino.
La capsula con l’ologramma rappresenta la naturale evoluzione di un’altra innovativa idea che la Ciacci Piccolomini aveva sperimentato per prima in Italia nel 2002: una speciale etichetta con microchip, simile a quelli in dotazione alle sim card, che forniva, grazie ad un lettore ottico, una garanzia assoluta dell’originalità del prodotto.
“Crediamo da sempre nell’innovazione - sottolinea Paolo Bianchini - la tecnologia ha ormai un ruolo preponderante nella vita di ognuno di noi, e in questo caso rappresenta anche un investimento per l’immagine dell’azienda, soprattutto in un momento in cui occorre necessariamente proiettarsi nel futuro per competere a livello internazionale”.

Antonio Boco

Il ritratto - La storia della Ciacci Piccolomini d’Aragona
La Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona vanta le proprie origini fin dal secolo XVII e custodisce il proprio patrimonio storico in un palazzo sorto nel Rinascimento ad opera del Vescovo montalcinese Fabivs de’ Vecchis Abate di Sant’Antimo. Fabivs concepì ben presto il progetto della costruzione della sua residenza personale in Castelnuovo dell’Abate, castello eretto dagli Abati di Sant’Antimo nel luogo di un antichissimo castellare preistorico. Il Palazzo, imponente per la mole, è eretto in forme tardo-barocche nel cuore del Castello, di fronte alla chiesa parrocchiale e nell’antica “casa” del Comune nell’area dove, già nel Medioevo, esisteva l’antico Palazzo degli Abati di Sant’Antimo. Dando prova di particolare sensibilità antiquaria, Fabivs volle anche arricchire il giardino, sistemandovi antichi pezzi scultorei provenienti dalla stessa Abbazia.
Nella prima metà del ‘900, tutto il patrimonio arriva al conte Alberto Piccolomini d’Aragona, discendente dalla stirpe di Enea Silvio Piccolomini, famoso come Papa Pio II, e la signorina Elda Ciacci, il cosiddetto Palazzo del Vescovo diventa Palazzo Ciacci Piccolomini d’Aragona. Nel 1985, con l’estinguersi del casato, la proprietà passò in eredità a Giuseppe Bianchini e alla sua famiglia, che vi stabilì la residenza e la sede dell’azienda agricola, raccogliendone anche il patrimonio storico e portando avanti con determinazione le tradizioni e la cultura loro tramandate.
Giuseppe Bianchini, grande vignaiolo ed estroverso personaggio montalcinese, è venuto a mancare nel febbraio 2004, lasciando un grande vuoto e un grande compito da continuare ai figli Paolo e Lucia, che già lo affiancavano nella gestione aziendale e nelle cui mani è oggi il timone della Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona. E per ricordare degnamente Giuseppe, la famiglia Bianchini gli ha dedicato la Riserva 1999 del Brunello poiché “con la sua operosità e la sua dedizione ha permesso a questa azienda di raggiungere i massimi livelli qualitativi”. Per la sua attività e per l’attaccamento dimostrato al territorio ilcinese, il Comitato Cateriniano gli attribuì il prestigioso Premio Internazionale “Santa Caterina d’Oro - Città di Siena”.
La cantina Ciacci Piccolomini d’Aragona collabora da anni, con operazioni di alto valore etico e sociale, con la LegaTumori di Siena.
La Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona comprende 200 ettari, di cui 40 a vigneto, 40 a oliveto ed i rimanenti suddivisi tra seminativo, bosco e pascolo. E per apprezzare in pieno la poesia paesaggistica di questi luoghi, l’azienda offre la possibilità di soggiorno in casali recuperati nel rispetto delle caratteristiche tipiche delle case toscane di campagna. Da ognuna delle finestre un quadro: si vedono il fiume Orcia che si svolge come un nastro d’argento sul fondo della valle, e il Monte Amiata con il suo tipico profilo, che porta sino a noi i profumi dei boschi ricchi di frutta selvatica; i campi, i boschi e le vigne fanno poi da cornice naturale alla tranquillità di questi luoghi. L’attenzione rivolta alla produzione dell’uva nella vigna è frutto dell’antica tradizione contadina e della tecnica sempre più aggiornata. L’unione delle due componenti permette di mostrare la perenne modernità di questi vini. La concimazione organica e una duplice potatura: oltre a quella invernale, corta a cordone speronato, viene praticata anche la potatura verde, il diradamento dell’uva per una maggiore concentrazione dei succhi delle viti su pochi grappoli. Sono tutte operazioni finalizzate all’ottenimento di uve perfettamente sane, ricche di sostanze, in grado di produrre un vino che ha conservato intatto il suo fascino e l’autenticità.
La ricerca costante di qualità impone un controllo assiduo delle varie fasi di vinificazione, dal momento dell’arrivo delle uve in cantina alla fermentazione malolattica e durante il lungo periodo della maturazione in botte. Dalle vigne di “Pianrosso” vengono selezionate le migliori uve per il Brunello di Montalcino, frutto di regole viticole antiche e di una tecnica sempre aggiornata che gli consente di mostrare in pieno tutta la sua “tradizionale modernità”, un vino austero, concentrato, complesso, speziato e avvolgente al gusto. E il culto e il rispetto di una lunga tradizione esaltano le qualità di un vino che, in quest’epoca di riscoperta dell’antico, conserva nei profumi e nel gusto tutto il suo fascino e la sua autenticità. Nel 1989, tra due annate eccellenti, nasce l’Ateo, come rifiuto dogmatico a produrre Brunello in un’annata non ottimale e in concomitanza con la prima vendemmia di vigneti con uve Cabernet Sauvignon e Merlot. Da provocazione, l’Ateo è divenuto un elegante classico dell’azienda con una lunga fermentazione e un affinamento in legno. Poi nel 1998 sono state vendemmiate le prime uve Syrah che, piantate nel “Vigna del Conte”, hanno trovato un terroir ottimale e un microclima eccellente per esprimere tutte le loro grandi potenzialità. Per questo nuovo vino, il Sant’Antimo Rosso “Fabivs”, concentrato, morbido, accattivante e molto fruttato, Giuseppe Bianchini volle il nome “Fabivs ” Eps. Ilc.A.D. MDCXII”, proprio in onore al Vescovo che nel 1672 fu l’architetto del palazzo e il cui nome e stemma si trovano su ogni portone e davanti all’ingresso della cappella di palazzo.

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