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DA “TOCAI” A “FRIULANO”, PER CONQUISTARE NUOVI MERCATI. 15 MILIONI DI EURO PER LA PROMOZIONE DEL NUOVO NOME IN UN PROTOCOLLO TRA MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA. “TRASFORMARE UNA SCONFITTA IN OPPORTUNITA’”

Da Tocai a Friulano. Da una denominazione di vitigno a una di territorio, come vuole l’Unione Europea. Dal passato al futuro, per conquistare nuovi mercati. Sembra un passo scontato, normale, breve. Invece sottende una lotta pluridecennale che ha coinvolto non solo i produttori del Friuli Venezia Giulia - dove il Tocai rappresenta la storia dell’enologia, come gli alpini e le Frecce Tricolori rappresentano il carattere e le capacità innovative di queste popolazioni - ma anche i vertici dell' Unione, storici, governi, letterati e gente comune che dal 2007, per indicare il classico
“tajut”, lo dovrà , appunto, chiamare Friulano.

Già perché proprio in questi giorni il Ministro alle Politiche Agricole, Gianni Alemanno, e l’assessore regionale all’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, Enzo Marsilio, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per porre fine alla querelle, per chiamare definitivamente “Friulano” il “vecchio e amatissimo” Tocai e, soprattutto, per stanziare 15 milioni di euro (cinque all’anno, per tre anni, a partire dal 2007) per promuovere e far conoscere nel mondo il nuovo nome e per cercare di conquistare fette sempre più importanti del business del bere bene che in Friuli ha radici antiche, salde e particolarmente floride.

Ma il passaggio al nuovo nome non cancella tutti i problemi. E non è stato indolore. In regione si sono già formati i partiti dei “favorevoli” e dei “contrari”, con una netta
prevalenza, va segnalato, del primo sul secondo. Ma soprattutto questo protocollo non cancella il contenzioso avviato alla Corte di giustizia europea dagli irriducibili in difesa del nome Tocai. E qui è d’obbligo un passo indietro.

Storicamente il contenzioso tra l’Italia e, segnatamente, il Friuli Venezia Giulia, e l’Ungheria per la titolarità del nome Tocai (Budapest produce da sempre un Tokaj, dolce e passito, in un’ampia zona centrale del Paese) nasce all’epoca della trattativa per l’ingresso del Paese danubiano nell’Unione Europea. Erano gli inizi degli anni Novanta e il 2007, data limite, sembrava lontanissima. L’Italia rinuncia a difendere
il Tocai e lascia la titolarità del nome al Paese magiaro in attesa di decidere come chiamarlo.

Gli anni sono passati. In Friuli il classico vino bianco autoctono si è continuato a chiamarlo Tocai, mentre via via che ci si avvicinava la data fatidica nascevano due partiti: quello della difesa, a ogni costo e a oltranza, del nome Tocai e quello che invece già pensava ad un cambio di nome - Furlan, Friulano, Collio, Taj - per il bianco tipico delle pianure e delle colline friulane. Il primo partito - anche con recuperi di pergamene e proclami in archivi quattrocenteschi - è andato avanti con i
ricorsi fino alla giustizia europea. E ora attende di sapere se la titolarità del nome spetti al vino friulano o a quello magiaro (dalle caratteristiche olfattive e organolettiche completamente diverse); il secondo partito, invece, più pragmaticamente, ha fatto di necessità virtù e ha preferito optare per il cambio del nome considerando persa la battaglia contro l’Ungheria.

L’assessore Marsilio va ascritto - sostenuto anche dalla stragrande maggioranza dei produttori locali - a questo partito. E così è nato il protocollo con il Ministero alle Politiche Agricole.

“Dobbiamo cercare di conquistare nuovi mercati - ha ribadito - e i 15 milioni di euro serviranno anche e soprattutto a questo: imporre sul mercato mondiale il nome Friulano”. Gli hanno fatto eco i presidenti dei consorzi tipici, Coldiretti e Giorgio Colutta, presidente di Confagricoltura del Friuli Venezia Giulia. “Abbiamo sempre sostenuto con convinzione la scelta della denominazione “Friulano” in alternativa a Tocai - ha detto - perché è un nome che ci rappresenta. Bisogna essere pragmatici e guardare in faccia la realtà . In altre regioni hanno provato ad usare nomi di fantasia ma non ha funzionato. Pensiamo piuttosto a come utilizzare proficuamente le risorse
che avremo a disposizione e spingiamo al massimo sulla promozione, cercando di trasformare una sconfitta in opportunita”.

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