La 2010 è stata un’annata “di transizione” per i vini di Romano Dal Forno. Dal 2020 il figlio Marco - 38 anni e lo sguardo di Romano addosso - ha la responsabilità dell’azienda, che vive come opportunità personale per uscire dall’ombra proiettata da un padre importante. “Una transizione - racconta Marco - intrapresa da papà, che ancora portiamo avanti, per ‘sottrarre il superfluo’ e arrivare alla precisione aromatica. Laddove il superfluo è spesso considerato tipicità e invece deriva dalla difficoltà, per esempio, di appassimenti troppo lunghi. Monte Lodoletta 2010 ha 6-7 grammi/litro di zuccheri residui, mentre dal 2011 siamo riusciti ad arrivare a zero”. Risultati ottenuti grazie a conoscenza tecnica, a una cantina ipertecnologica e, a monte, al lavoro certosino in vigna - 13.000 ceppi/ha “e le sfide poste dagli autoctoni della Valpolicella a queste alte densità”-, da basse rese (50 q/ha) e, spiega Marco, “da uve concentrate e a maturazione fenolica perfetta a cui serve un tempo inferiore di appassimento”. Tra temporali e grandinate la 2010 non è stata un’annata facile e la selezione delle uve più spinta ha premiato il Monte Lodoletta. Il residuo zuccherino trova un “contrafforte” in struttura e concentrazione, annunciata dal colore fitto. Al palato è denso e in bocca tornano la polpa della frutta rossa matura e la malia di tabacco e spezie avvertite già al naso. Di lunghissima vita.
(Clementina Palese)
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