Quattro generazioni di viticoltori, dietro le spalle, ma soprattutto la voglia di pigiare sul pedale dell’acceleratore, al fine di svelare le meraviglie del cesanese: forse troppo sottaciute in passato, ma anche non sempre di agevole interpretazione. È stata questa una delle molle che hanno spinto Damiano Ciolli, prima insieme al papà e oggi con la moglie Letizia, a fare di quest’azienda laziale di cinque ettari alle pendici di Olevano Romano, in piena Ciociaria, il caposaldo dell’enologia locale. Trattamenti minimi in vigna e in cantina, lieviti indigeni, selezione attenta e alla fine della fiera (insieme al Cirsium, che arriva da un ettaro di vigna risalente al 1953) ecco questo Silene: presunto fratello minore dell’altro, che giunge invece da tre appezzamenti fra i 10 e i 35 anni collocati su un terreno vulcanico, a 350 metri d’altezza. Macerazione breve e fermentazione in acciaio, un anno di cemento e nessuna filtrazione, per un risultato finale marcato da piccoli frutti rossi, chinotto, rosmarino, viola e confettura di prugna. Ma è la grande beva a colpire, nonostante la buona struttura: mossa con freschezza da un tannino decisamente modulato e da una persistente succosità. Se di fratello minore trattasi, come in effetti è, magari ad averne di secondi vini di tal fatta: anche perché questa versione 2015, zitta zitta, aspira forse ad essere la migliore di sempre.
(Fabio Turchetti)
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