Il Ben Ryé 2017 si conferma, ma non è una novità, come il passito dolce italiano più importante, un vero e proprio simbolo e un’etichetta capace di sintetizzare, ad ogni annata, tutta una serie di elementi che ne rinnovano la sua eccezionalità. Possiede ampiezza, articolazione, ricchezza di contrasti e chiaroscuri. Tutt’altro che un vino prevedibile, ha densità e struttura, profumi capaci di rimandare agli agrumi, ai canditi e ai frutti mediterranei, ma anche al miele e allo iodio, bocca di grande consistenza ma al tempo stesso vivace e ritmata, dolce e lievemente salmastra, che sembra non finire mai. Un vino, insomma, che ha tutto e che potrebbe essere anche protagonista di abbinamenti coraggiosi e inusuali. Figlio della natura pazzesca dell’isola di Pantelleria, della terra e del vento, come peraltro suggerisce il nome arabo che porta, unita all’antico ingegno e al saper fare umano, condensa anche lo spirito di una famiglia e di una grande azienda. Un vero e proprio “monumento”, verrebbe da dire, capace di replicarsi con una costanza qualitativa impressionante. Il Ben Ryé, prima annata 1989, è tra i pochi vini dolci italiani a possedere una dimensione che esce dalla sua specifica tipologia essendo il segno produttivo più significativo che Donnafugata ha impresso a Pantelleria, dove tiene in piedi un territorio quasi in solitaria, con i vantaggi e soprattutto le difficoltà del caso.
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