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Dopo oltre vent’anni di crescita dell’export, la pesantissima siccità che ha portato al razionamento a Città del Capo mette all’angolo la viticoltura sudafricana: pessime le prospettive per chi punta sui volumi, ma non tutto il male vien per nuocere

Dai 220.000 ettolitri del 1992 ai 5,26 milioni del 2013: la parabola del Sud Africa enoico moderno è esemplificata da questi numeri, ovvero le quantità esportate negli anni del decollo del Paese come esponente di rilievo del “Nuovo Mondo” del vino. Dal 2013, però, la vitivinicoltura del Sud Africa si è avviata, almeno dal punto di vista dei volumi prodotti, verso una parabola discendente: lo scorso anno il Paese ha esportato poco meno di 4,5 milioni di ettolitri, a causa di una crescente ricerca della qualità (e della redditività, visto che ancora oggi solo il 14% dei 3.160 produttori del Paese l’ha raggiunta, e circa la metà opera in perdita) e di problemi sempre più evidenti di approvvigionamento idrico, che colpiscono più duramente proprio quei produttori che puntano sui volumi.
Problemi che, come riportato dalla versione online del domenicale sudafricano “Sunday Times” (https://goo.gl/WjpJT5), non solo sono presenti da ben quattro anni, ma si sono acuiti proprio sul finire del 2017, portando sia a un razionamento dell’acqua per gli abitanti di Città del Capo, la terza città per abitanti del Sud Africa, che a una futura vendemmia particolarmente avara, con cali previsti nell’ordine del 20% circa su base nazionale, secondo le stime dell’organizzazione di categoria Wines of South Africa. Stando a quanto recentemente dichiarato a “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com) dall’ad dell’organizzazione Siobhan Thompson, tuttavia, non tutto il male sembra venire per nuocere: “si tratta”, ha detto Thompson, “di un’occasione per tarare su nuove basi” l’industria del vino del Paese, con prezzi senz’altro più alti rispetto al passato e a discapito del settore dello sfuso, che rappresenta ad oggi il 60% circa dei volumi totali esportati.
Secondo Thompson, il calo produttivo della prossima annata potrebbe essere uno shock dalle conseguenze traumatiche nel breve periodo, ma positive nel medio/lungo termine per l’industria nazionale del nettare di Bacco, particolarmente nelle aree maggiormente colpite dalla siccità, dove spesso i produttori sono stati costretti a scegliere da subito quali vigneti salvare e quali abbandonare. La siccità, nell’ottica di Thompson, in ultima analisi selezionerà quasi darwinianamente i produttori capaci di rinnovarsi, puntando su sostenibilità e varietà resistenti, da quelli che non potranno semplicemente più permettersi di fare margini puntando solo sulle quantità prodotte.

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