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E se la Brexit, per il mercato dei fine wines, si rivelasse un’opportunità? Ottimista il 27% dei consulenti finanziari del settore, sondati dalla società d’investimento Uk Cult Wines, convinti che l’incertezza spingerà gli investimenti enoici

E se la Brexit, che da quasi due mesi ha gettato nello sconforto gli analisti del Vecchio Continente, incapaci di calcolarne la portata (ovviamente negativa) sull’economia europea, si rivelasse, al contrario, un’opportunità per il mondo dei fine wine? Secondo il 27% dei consulenti finanziari del settore, sondati dalla società d’investimento britannica Cult Wines (www.wineinvestment.com), infatti, ci sono almeno due ragioni per essere ottimisti su una ripresa degli investimenti nei fine wine. Prima di tutto, l’incertezza economica porta sempre alla ricerca di investimenti sicuri, con l’oro che la fa da padrone ed il vino che, per il 50% dei 101 professionisti del vino sondati, rappresenta un asset importante per chi vuole diversificare i propri investimenti.

“Gli intermediari - spiega Tom Gearing, managing director di Cult Wines - stanno vedendo un evidente incremento dei livelli di interesse per il mondo del vino, specie a fronte di un mercato volatile e dai ritorni mediamente bassi”. Così, il mercato dei fine wines, nei primi mesi del 2016, ha goduto di un generale miglioramento, come suggerisce la crescita registrata dal Liv-Ex Fine Wine 100, che sintetizza l’andamento sul mercato secondario delle etichette più prestigiose: +3,6% nel mese successivo al voto sulla Brexit, il balzo più alto degli ultimi 5 anni, a quota 269,07 punti, livello che non si vedeva dall’agosto 2013.

Come detto, però, sono due i motivi per essere ottimisti, e l’altro è legato alla caduta della sterlina, un fatto di per sé negativo per l’economia britannica, ma con una faccia della medaglia da non sottovalutare, ossia la possibilità di attirare investimenti stranieri, specie da parte di chi compra in dollari, come gli americani e gli asiatici che, in effetti, nelle settimane immediatamente successive al voto, hanno messo mano al portafogli, “ma gli investimenti britannici restano comunque i più importanti sul mercato secondario per i grandi vini di Bordeaux”, conclude il managing director di Cult Wines.

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