Inutile dirlo, il “principe” di casa resta ovviamente il Montepulciano, il motore di tutto, carburante d’una saga (come definirla sennò?) lunga già due generazioni e mezzo, e il vino per il quale - e con il quale: obiettivo, dimostrarne al mondo la grandezza e cominciare a esportarne un po’ – Emidio Pepe traversò in tempi non sospetti l’oceano e, senza sapere una parola d’inglese e con l’unico, ma nodale supporto d’un amico italoamericano, iniziò il suo primo giro a New York. La stessa città che mezzo secolo dopo gli ha tributato un omaggio regale: una “verticale” davvero memorabile del suo rosso ambientata nella sede della Borsa, a Wall Street. Il tempo cammina. E le ragazze e i ragazzi (le figlie di Emidio in primis, e le nipoti, coinvoltissime) rampano. E se il Trebbiano, com’è norma, ha da subito fatto péndant ricavandosi il suo meritato spazio di gloria in bianco, il rilancio del Pecorino da Pepe è idea recente: e, come tutte le cose fatte in quest’isola produttiva, segnata dal rispetto della natura, la fedeltà caparbia a modalità produttive tradizionali, la longevità per bandiera. Ma anche - effetto new generation - da un’attenzione sempre più fine (e chiara) alla tessitura aromatica dei prodotti. Come dimostra anche questo 2016: solido, ampio di spalla, ma sapido e composito al gusto, preceduto da un naso fruttato, appetitoso, con nuance di fiori di campagna e radici.
(Antonio Paolini)
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