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ENOTURISMO, UN BUSINESS DA 2 MILIARDI DI EURO: LO “STATO DELL’ARTE” DEL SETTORE NEL RAPPORTO REALIZZATO DA CENSIS SERVIZI E CITTA’ DEL VINO

Italia
Turisti in giro per vigne

Quasi 2 miliardi di euro di business, con possibilità nei prossimi cinque anni di raddoppiare il fatturato: queste le cifre dell’enoturismo in Italia secondo l’ultimo rapporto realizzato da Censis Servizi e dalle Città del Vino. Secondo la ricerca, sono ben 4 milioni gli enoturisti nazionali, liberi di scegliere tra 112 Strade del Vino: numeri significativi che però ancora riflettono una frazione solo parziale del rendimento potenziale dell’enoturismo nel nostro Paese, che da nord a sud vanta una dotazione di base unica al mondo con un consistente patrimonio di offerta di prodotti e territori. Un patrimonio che rappresenta un’occasione per promuovere “brand ombrello” territoriali, con un mix di fattori, soggetti e motivazioni che può configurare per il futuro prossimo forme di sviluppo locale alternativo, in sintonia con alcune tendenze della post-modernità che vedono una contrazione dell’industria e un avanzamento dell’economia del “leisure”. A partire dalle Strade del Vino: nonostante il potenziale sono ancora poche quelle che in questi anni, a partire dalla legge costituiva n° 268/99, hanno raggiunto un livello di operatività apprezzabile. Il rapporto presenta una mappa ancora fortemente eterogenea in una sorta di scenario da “gioco dell’oca”: con pochi giocatori avanzati rapidamente e lanciati verso il traguardo, ma moltissimi ancora posizionati nelle caselle di partenza. Sono soltanto 18, infatti, le Strade di “alto livello enoturistico” e 8 quelle in via di “progressiva organizzazione”. Ma ce ne sono 20 ancora “in fase di avviamento”, 38 a livello di “take off” e 28 di fatto “non operative”.
Secondo una stima prudenziale sui dati esistenti e basati sulle analisi del IV Rapporto Censis-Città del Vino il fatturato delle Strade di primo livello si aggira intorno agli 800 mila €, altri 300 mila € sono imputabili al gruppo delle Strade di secondo livello, 400 mila € alle Strade di terzo livello e, per concludere, 300 mila € per il gruppo di quarto livello. Sono numeri che possono crescere, se è vero che negli ultimi 10 anni i turisti enogastronomici sono aumentati al ritmo del 6 per cento l’anno. Secondo il Censis e Città del Vino nell’arco dei prossimi 5 anni si prevede un saldo aggiuntivo di un milione di enoturisti praticanti e altri 2 miliardi di euro di fatturato aggiuntivo. “Sulla base di queste premesse – dice il presidente di Censis Servizi, Fabio Taiti – è ragionevole ipotizzare uno sviluppo che nei prossimi 5 anni consentirà alle Strade di raddoppiare il fatturato. Questo traguardo sarà dovuto in parte all’entrata in funzione delle Strade ancora dormienti, in parte alla progressiva qualificazione dell’offerta e delle occasioni di spesa nelle Strade già attive e operanti. Dalla crescita del turismo enogastronomico e dalla promozione di alcune decine di marchi ombrello – conclude Taiti - dipendono in buona misura la tenuta della nostra quota di export e la difesa del mercato vinicolo interno, dato che il turismo enogastronomico è lo strumento più vocato a sviluppare questa funzione strategica”.
“Sviluppare la domanda potenziale del turismo italiano del vino – aggiunge Floriano Zambon, presidente delle Città del Vino – è un obiettivo necessario anche per sostenere la competitività dei nostri prodotti. Bisogna passare dalle intenzioni ai fatti. Anche per questo abbiamo costituito di recente, con sede a Siena, un centro studi di alta formazione sulle Strade del Vino per mettere al servizio degli operatori una serie di competenze che possano aiutarli a fare sistema e qualificare meglio l’offerta e la spesa”. Secondo il rapporto Censis-Città del Vino le reazioni a questi anni difficili per il mondo del vino (sfida internazionale, diminuzione dei consumi interni, dominio dei grandi distributori) richiedono “la necessità di un soprassalto collettivo”: il recupero cioè di freddezza e razionalità nell’analisi per individuare strategie efficaci e risorse adeguate a sostenere i progetti. Siamo davanti a una nuova geografia del settore (meno superfici coltivate in Europa e più nel resto del mondo, simmetriche contrazioni ed espansioni dei volumi prodotti, qualità più alte e polarizzate) ma anche di fronte a mutamenti nelle strutture dell’offerta e nella domanda. Insomma, sostengono il Censis e Città del Vino, siamo davanti a cambiamenti di scenario da cui emerge una riconfigurazione del mercato con quattro inedite connotazioni: passaggio dal business dell’alimentazione al business del “leisure”; globalizzazione degli scambi e delle esperienze; orientamento del consumatore a fare arbitraggio tra qualità/prezzi/esperienze; spostamento del baricentro del sistema dalla “catena del valore” alla “ragnatela del mercato”.

Censis/città del Vino - La Strada del Sagrantino, un “caso” d'eccellenza
Il IV Rapporto Censis-Città del Vino prende in esame i “case histories” di tredici Strade del Vino, tra cui quella del Sagrantino di Montefalco, in Umbria, contrassegnata da uno sviluppo più che positivo (le altre sono la Strada del Vino della Valle d’Aosta, la Strada del Vino e dei Sapori dell’Oltrepò Pavese, la Strada del Vino della Valgarina e Rovereto, la strada dei Vini Lison Pramaggiore, la Strada dei Vini e Sapori dei Colli d’Imola, la Strada del Vino Monteregio di Massa Marittima, la Strada dei Vini dei Castelli Romani, la Strada di Controguerra, la Strada del Greco di Tufo, la Strada del Vino Alcamo, la Brda Vinsko turistična cesta in Slovenia, la Strada del Vino di Verteneglio in Croazia).
Secondo la ricerca sono cinque, allo stato attuale, i fattori di più immediata evidenza da segnalare nel processo di sviluppo della strada del Sagrantino: identità e adeguatezza territoriale; posizionamento di nicchia nel mercato dei vini; spinta competitiva degli investimenti da parte di investitori esterni; limitazione prospettiva dei volumi e diversificazione della gamma del prodotto vino; valorizzazione sistemica dell’identità culturale del territorio.
I fattori che stanno alla base del rapido decollo del distretto, sembrano via via comporsi, come nella costruzione di un tempio greco, in una ben ordinata sequenza di montaggio dei “materiali di base” offerti dalla storia e dal territorio: massa critica di nuovi investimenti in vigna e in cantina da parte di pochi produttori innovatori; orientamento ad attrarre i livelli giusti di competenze professionali necessari a produrre il salto di qualità; rafforzamento della base di mercato a livello regionale, prima di aggredire i più complessi livelli nazionali ed esteri; mantenimento di un rapporto qualità/prezzo entro una forchetta di variazione accettabile; riordinamento e sviluppo della gamma dei vini di qualità oltre il prodotto di punta del Sagrantino Docg (Montefalco Rosso Doc, Montefalco Bianco Doc, Passito, Igt di tendenza); attenzione alla comunicazione, soprattutto da parte dei produttori più innovativi, e in parallelo con la diffusione e l’apprezzamento dei vini oltre i confini regionali; valorizzazione del territorio e delle sue molte specifiche connotazioni storiche e culturali: dal circuito della viticoltura all’interno del tessuto urbano al “buon governo” di città e di campagna leggibile a partire dagli affreschi di Benozzo Gozzoli in San Francesco, dalla convivialità non fittizia delle piazze borghigiane alla consistenza degli eventi via via crescente sulla matrice della ormai storica settimana enologica.
Per i motivi indicati relativamente ai fatti di più recente evidenza e ai processi portatori dei risultati di successo, il distretto del Sagrantino sembra positivamente avviato a produrre – nell’arco di qualche anno - un vero e proprio caso di eccellenza. Per raggiungere questo obbiettivo sembra necessario sviluppare un forte magnete dell’Italia borghigiana, come strategia degli investimenti e delle azioni: per dare organizzazione integrata di sistema ai molteplici fattori e soggetti di sviluppo già attivamente operanti nei settori dei vini, dei prodotti, dell’artigianato e dei turismi del suo territorio; per promuovere un modello di offerta di beni servizi ed esperienze, che ha crescenti spazi di domanda latente e insoddisfatta nelle pieghe delle nostre società contemporanee; per produrre un flusso di scambi a forte valore aggiunto, con solide radici nel cuore antico di questa parte dell’Umbria, ma anche con sicure proiezioni di ruolo nelle sfide e tra i competitors del futuro prossimo venturo.

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