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EURO PIU’ FORTE, VINO ITALIANO PIU’ DEBOLE

Da una parte c’è chi esulta, come gli automobilisti che pagano meno la benzina, o i turisti diretti negli Stati Uniti, che fanno le vacanze a prezzi stracciati. Dall’altra c’è chi piange, come i tanti produttori del “made in Italy” abituati ad esportare all’estero, che vedono assottigliarsi sempre più le ordinazioni da parte di americani e giapponesi. L’euro “forte” presenta insomma due facce della medaglia, e dopo aver toccato proprio ieri il suo massimo storico (ad un passo da 1,20 sul dollaro) costringe tutti a farsi i conti in tasca. Chi sta peggio sono gli imprenditori impegnati nell’export: calano infatti le richieste di automobili, abbigliamento, moda ed oreficeria, ma diminuiscono anche le esportazioni di prodotti agroalimentari (pasta, olio, formaggi). All’elenco si aggiunge anche il vino italiano, che, penalizzato da costi diventati troppo elevati per gli estimatori d’oltreoceano, comincia a rallentare la sua felice corsa in terra americana. Nel momento in cui l’avanzata delle nostre bottiglie negli Usa sembrava aver raggiunto l’apice, i produttori cominciano dunque ad avvertire i primi segnali di crisi, a causa della forte rivalutazione del tasso di cambio dell’euro. Cosa fare? In attesa di una fase più favorevole, forse, c’è chi pensa di approfittare della situazione, magari acquistando aziende in California o in Virginia, ed invertendo quella tendenza che ci ha sempre visto “venditori” di marchi piuttosto che “compratori” !

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