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EZIO RIVELLA, PRESIDENTE UNIONE ITALIANA VINI: SE L’UE NON CI TUTELA DOVREMMO REGISTRARE I NOMI DEI VINI COME MARCHI D’IMPRESA. L’ESEMPIO? IL BRUNELLO DI MONTALCINO, DEPOSITATO COME MARCHIO IN USA, CANADA E GIAPPONE

Italia
Ezio Rivella, presidente dell'Unione Italiana Vini

“Se non si potesse più contare su una tutela a livello comunitario per la difesa delle menzioni tradizionali italiane l’unica via d’uscita sarebbe quella di depositarle come marchi d’impresa. Questa strategia è già stata seguita per il Brunello di Montalcino, registrato da alcuni anni come marchio in molti Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada e Giappone”. E' il pensiero, sulla famosa questione delle menzioni del vino italiano (ovvero i termini tradizionali minacciati da una revisione dei regolamenti comunitari) di Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana Vini: “noi avevamo lanciato l’allarme nel 2003. Si tratta di una tema difficile e delicato, perché le menzioni come Brunello, Amarone o Morellino - termini generici, ma che nel nostro Paese sono da sempre riservati a vini caratterizzati da precisi metodi di produzione legati al territorio da cui provengono - non sono strettamente “Denominazioni di Origine” (come ad esempio Brunello di Montalcino, Amarone della Valpolicella, Morellino di Scansano), e dunque sono più difficili da proteggere, perché considerate parole non correlate ad un preciso luogo geografico. Ma la loro importanza per noi è enorme, perderle significherebbe dire addio ad un patrimonio inimitabile di storia e cultura: per questo dobbiamo difenderle ad ogni costo. Il problema - continua Rivella - è che in questo momento c’è un braccio di ferro tra Unione Europea e WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), che accusa l’Europa di protezionismo e potrebbe indurla ad “ammorbidire” certi regolamenti. C’è una metà del mondo, la nostra, in cui valgono le denominazioni d’origine, ma l’altra metà, vedi Stati Uniti o Australia, si basa sui marchi d’impresa. Se le nostre leggi non ci tutelano più dobbiamo affidarci ad un’altra logica, quella strettamente commerciale, e cominciare a depositare in tutto il mondo i nostri vini come se fossero veri e propri marchi”.

In questo momento sono a rischio ben 17 menzioni tradizionali del nostro Paese, dal Brunello all’Amarone, dal Morellino al Recioto, passando per Vino Nobile e Vin Santo. Se dovesse passare la proposta di revisione del regolamento N.753/02 avanzata dalla Commissione europea, qualunque Paese del mondo potrebbe produrre Brunello o Nobile, con il rischio di vedere in Argentina o in Sudafrica cloni a buon mercato delle nostre migliori denominazioni. Certo è che questo tipo di decisioni da parte dell’Unione, che adotta decisioni più favorevoli per i produttori dei Paesi terzi rispetto ai produttori comunitari dei vini di qualità, invece di consolidare il sentimento europeo finisce con il generare malcontento e disaffezione nei confronti dell’Unione.

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