È davvero un simbolo, Natalino Crognaletti, ma non soltanto per il verdicchio. Lo è per le Marche intere, visto il lavoro svolto anche per Lacrima, Sangiovese e Montepulciano: seguendo una filosofia che si nutre di un percorso personalissimo, ma che al contempo è pienamente rappresentativa di una regione che della varietà e della versatilità ha fatto sempre bandiera. Una storia come tante se ne conoscono, nell’Italia di alcuni anni fa: con il ritorno nell’azienda in cui da bambino aiutava il papà e il nonno, prima della sua esperienza lavorativa in fabbrica, e dove aveva acquisito dai due - potatore e innestatore il primo, bottaio il secondo – quell’approccio alla natura che gli sarebbe poi tornato utilissimo molti anni dopo. Quando il massimo rispetto del Nostro per il nettare di Bacco lo avrebbe guidato verso una conduzione enologica fatta di fermentazioni spontanee, affinamento sulle proprie fecce, nessuna filtrazione e la sapiente miscela viticola fra principii biodinamici e utilizzo di rame e zolfo. Il vigneto delle Oche, appezzamento allocato proprio nei pressi della cantina, è protagonista imprescindibile con piante di oltre cinquant’anni: esemplari nel mostrare longevità e complessità di un’uva come il verdicchio, che nei casi migliori va attesa almeno un lustro. Come questo 2014, paradigmatico nel suo sapido incedere fra anice, nocciola, pesca e fiori bianchi.
(Fabio Turchetti)
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