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FRANCIA: BORDEAUX E BOURGOGNE, NO A OGM. VITICOLTORI IN TRINCEA CONTRO VIGNE ASETTICHE DA LABORATORIO ... I NUMERI DELLA CRISI DEI VINI FRANCESI, E LE CONTROMISURE ALLO STUDIO

Italia
La Francia del vino è in crisi

“Vuole un vino Doc o un vino Ogm?”: i francesi con i loro mille “chateaux”, con il sapore particolare di ogni “terroir” che deve emergere dal bicchiere di vino, con le botti in quercia antica, sono scesi in trincea. Da tempo in crisi commerciale, si sentono minacciati dalla ricerca Ogm, che toglierebbe parassiti alle viti, ma le priverebbe anche della loro unicità. Il nemico dei tradizionalisti della vigna si chiama Inra ed é il prestigioso Istituto nazionale della ricerca Agricola.

Se tutto andrà liscio, entro il 2004, otterrà l’autorizzazione a riprendere i test sugli organismi geneticamente modificati nelle vigne, con l’obiettivo di combattere il più subdolo attentatore dei vigneti di Francia, la malattia dell’arricciamento, un virus che gli scienziati conoscono come Grapevine Fanleaf Virus.

Gli arbusti con il gene al posto giusto non prendono questa malattia, e fin qui si tratta di fatti oggettivi. I francesi, sempre gelosissimi di tradizioni e prerogative peculiari (le celebri “eccezioni”) sostengono che la resistenza a un virus potrebbe comportare problemi collaterali oggi imprevedibili e che la manipolazione genetica condurrebbe ad un’uniformità di gusti e sapori tale da uccidere la cultura nazionale del vino.

In men che non si dica sono nati tanti piccoli José Bové della vigna, capeggiati da alcuni leader indiscussi del settore quali lo Chateau Latour (Bordeaux) e il Romaneé Conti (Bourgogne), coadiuvati dal Beaucastel (Cotes du Rhone) e dal più tipico vino spagnolo, Vega Sicilia. Come carbonari, si sono riuniti in un celebre ristorante parigino per organizzare il loro piano di battaglia: “già immaginiamo che sarà creato un portainnesti geneticamente modificato - ha protestato il capofila del Bourgogne, Aubert de Villaine - e ogni 10 anni ci aggiungeranno un nuovo Ogm. Diventerebbe un incubo. La cultura del vino si è formata nel corso di secoli, eppure sappiamo quanto sia fragile. Così rischia di essere completamente distrutta”.

Se il Ministero dell’Agricoltura darà il suo benestare, l’Inra di Colmar, in Alsazia, procederà all’impianto in un campo sperimentale di 70 tralicci di vite resistenti alla malattia dell'arricciamento. Sono gli stessi che i ricercatori dell’istituto avevano piantato, nel 1999, ma che suscitarono una tale rivolta nel settore vinicolo da indurre i capi dell’Inra a sradicarli e chiuderli in frigorifero in attesa di tempi migliori. Che forse, dal punto di vista della scienza, sono arrivati. I grandi marchi del vino francese sono da anni in crisi di fronte all’avanzata di etichette apprezzatissime provenienti da Australia, Cile, California o Sudafrica, o alla maggior commerciabilità di vini italiani e spagnoli.

Con questa battaglia cercano, almeno, di salvare la loro purezza: la leader del Bourgogne ricorda che non c'é certezza che i campi vicini a quello sperimentale non vengano contaminati. E la prima vite naturale che si incontra arrivando dal terreno dell’Inra è ad appena due chilometri. “Vorremmo la certezza che le nostre vigne non verranno contaminate” chiede ufficialmente “Terre et Vin du monde”, l’associazione dei Bové del vino che ha dichiarato guerra agli Ogm.

Fonte: Ansa


Francia: i numeri della crisi dei vini

Vini troppo cari, incapaci di reggere la concorrenza, prodotti che esigono un processo produttivo esageratamente costoso: il mercato mondiale ha tradito negli ultimi anni il vino francese, andando a pescare nuovi prodotti australiani, sudamericani, californiani o sudafricani. Tengono bene gli italiani e gli spagnoli. Al centro della crisi francese c’è nientemeno che il Bordeaux, il più colpito in questo accerchiamento che dura ormai da qualche anno.

Le cifre: esportazioni in ribasso del 7% nel 2003, con conseguente crollo dei prezzi. Le parcelle di vigne Doc (in francese Aoc, appellation d’origine controleé), in appena 2 anni, hanno perso il 30% del loro valore. I produttori di vino sfuso sono praticamente in rovina: il valore del loro prodotto si è quasi dimezzato dal 1998, quando la botte valeva 1.500 euro. Oggi la quotazione non supera gli 800 euro.

Alla crisi sfuggono, per ora, i grandi marchi, le bottiglie più prestigiose e costose, che hanno la loro facoltosa clientela che non tradisce per motivi di opportunità ma è legata alla tradizione.

In controtendenza c’é lo Champagne, un prodotto che non conosce crisi né flessione, anzi: la flessione post-boom del passaggio di secolo nel 2000, si è esaurita presto e la produzione 2003 ha già fatto registrare un +13,2%.

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