Il Barolo, qui, si imbottigliò solo dal 2013. Prima ci fu una lunga storia contadina, fatta di grano, mais e fieno, di cui campava in generale la campagna langarola. Le viti erano poche e se c’erano - a Diano, dove si è insediata la famiglia Abrigo nel 1935 provenendo da Treiso - erano di Dolcetto. Fu negli anni Settanta che Ernesto Abrigo mise a frutto i suoi studi in enologia, indirizzando l’azienda verso la viticoltura ed etichettando le prime bottiglie a marchio “Abrigo Fratelli”. Prima Dolcetto, appunto, poi Barbera, Chardonnay, Nebbiolo, Arneis e Favorita. Col nuovo millennio fecero le prime esperienze con il Metodo Classico dell’Alta Langa e infine, nel 2013, il primo Ravera, dal cru che si trova nel Comune di Novello. Sono poche le bottiglie che producono, circa 45.000 all’anno, suddivise in poche etichette (una bollicina, un bianco e cinque rossi): un’azienda a conduzione familiare, che è passata di mano dai fratelli Aldo e Franco, ad Ernesto con la sorella Mariarita e - dall’anno sorso - alla gestione di Water e della sorella Silvia. I terreni stanno tutti intorno alla proprietà, eccetto la vigna a Ravera, da cui proviene il Barolo in assaggio. La versione 2018 è carnosa ed eterea, profumata di fiori appassiti, cipria e balsami gentili con un cenno di terra umida. In bocca c’è aderenza e uno sviluppo sapido, che finisce sui toni dell’agrume, della vaniglia e della piccola frutta rossa.
(ns)
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