Ai tempi delle edizioni “eroiche” e dei primi assalti della critica militante di settore, impegnati tutti - organizzatori e “narratori” - a spingere il rinascimento del vino italiano di qualità, era la scoperta il “fil rouge” del lavoro al Vinitaly, fatto anzitutto di scouting accanito. In ogni padiglione e quasi a ogni angolo si celavano novità felici, da aggiungere alla lista dei “buoni”. Che, allungandosi, alzava via via l’asticella dei livelli attinti. Oggi, nodale passerella e defilè prezioso, ma proprio perciò dilatatosi a dismisura (come il numero dei prodotti “okay” targati Italia) Vinitaly è luogo di marketing, contatti, glam, affari; ma patria di shock forse meno forti e certo meno frequenti sul fronte esplorazione. Ogni tanto però il brivido della scoperta torna a scuotere le… papille: come con l’assaggio di questo rosato a tiratura da amatore, firmato da una minima, animosa azienda guidata da due fratelli che alla versione “quieta” (golosamente soda, nitida, stuzzicante, e “vinosa”al punto giusto da celebrare l’uva mitica d’origine) affiancano una versione spumantizzata (bravamente non dosata) cui serve solo d’allungare la sosta nutrice sui lieviti per divenite una delle bolle sudiste più avvincenti. Dei Follo e del Follia (lo spumante) sentiremo certo riparlare. Ma intanto godiamoci la Gioia del rosato fermo, tutto sorrisi – correte, o finirà – anche nel prezzo.
(Antonio Paolini)
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