Il Barbaresco Sorì Tildin rimanda nel suo nome al termine dialettale Sorì (che indica la sommità di una collina esposta a sud), mentre Tildin era il soprannome di Clotilde Rey (nonna di Angelo Gaja). La versione 2020 possiede profumi chiari di piccoli frutti rossi, anguria, pepe e menta. In bocca il sorso è leggiadro e articolato, dallo sviluppo ritmato e dal finale dai richiami di erbe aromatiche. Sulla cantina di Angelo Gaja c’è poco da aggiungere: rappresenta, con granitica costanza, l’eccellenza assoluta a livello mondiale dell’enologia piemontese, anzi sarebbe meglio dire dell’Italia tutta. Merito di un personaggio capace di alzare costantemente e senza compromessi l’asticella della qualità sempre più in alto. Ma anche protagonista di scelte coraggiose e discusse come quella, siamo nel 1996, di declassare i suoi Barbaresco e Barolo per “marchiarli” come Langhe Nebbiolo (scelta poi rientrata nel 2013 cono le sue etichette di nuovo classificate come Docg Barbaresco e Barolo). Attualmente, l'azienda di Barbaresco conta su poco più di 90 ettari di vigneto, per una produzione che si attesta sulle 350.000, e, nel frattempo, in azienda sono arrivati i figli di Angelo Gaja, Gaia, Rossana e Giovanni. E poi ci sono le aziende fuori dal Piemonte: Bolgheri (Ca’ Marcanda, dal 1996), Montalcino (Pieve di Santa Restituta, dal 1994), nonché la recente (2017) “joint-venture” etnea Idda accanto a Graci.
(fp)
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