Gianni Moscardini è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Pisa e proviene da una famiglia di agricoltori che da oltre 100 anni possiede terre a Pomaia nella Maremma Settentrionale, a 15 chilometri dal Mar Tirreno, a una quarantina di chilometri da Bolgheri e da Livorno. Un patrimonio di campi coltivati a ulivi e cereali, che nel 2008 decide di trasformare gradualmente in un’azienda vitivinicola, a partire dalla Fondazione Sator. Oggi gli ettari vitati sono 15,5 (di cui 13,5 a regime), ma entro il 2025 diventeranno 20. La voglia di sperimentare è molta, come la volontà di accoppiare ogni vitigno al terreno che più gli si confà. I suoli con cui lavora glielo permettono: hanno tre derivazioni diverse (magmatico-vulcanica, sedimentarie calcaree marine e sedimentarie argillose di mare profondo), non intersecate ma a fasce parallele distinte. Su questi sperimenta vitigni autoctoni (Sangiovese, Ciliegiolo, Vermentino), vitigni italiani (Teroldego, Fiano e Verdicchio) e internazionali (Cabernet Franc e Merlot). Poche bottiglie (circa 70.000) su poche etichette, alcune in blend, altre monovarietali. E il Verdicchio e uno di questi: cresce sul suolo vulcanico e fermenta e matura in tonneaux di rovere francese. Il 2022 è burroso e minerale, con cenni speziati e mentolati: il sorso è pieno e consistente, teso e decisamente sapido, dal lungo finale saporito di pietra focaia, frutta gialla e fiori di biancospino.
(ns)
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