Già assaggiando i suoi Rosso di Montalcino si poteva intuire che il suo Brunello sarebbe stato affine nel profilo stilistico e portatore di un approccio in qualche misura distante da stilemi stereotipati, che hanno e soprattutto avevano indirizzato il vino principe di Montalcino verso un percorso in qualche misura scontato. Ecco allora il Brunello di Montalcino 2018 di Giuseppe Gorelli, benché in un’annata che imponeva attenzione per essere interpretata al meglio, a mettere in campo aromi di piccoli frutti rossi fragranti, cenni agrumati e leggeri tocchi di pietra focaia, spezie e toni affumicati a contorno. Continuando con uno sviluppo gustativo teso, raffinato e profondo nel gioco tra tannini, acidità e dolcezza, saporito e dalla incalzante bevibilità. L’obiettivo di Giuseppe Gorelli è chiaro: produrre vini di dichiarata finezza. Una ricetta che sembra una novità ma, a ben guardare nel suo caso, è se mai un marchio di fabbrica. Lo si rintraccia facilmente in una quarantina di vendemmie quando lavorava a Le Potazzine o in alcuni riusciti Sangiovese delle aziende dove è consulente. Lo si vede, quindi, anche nel suo progetto tra le colline di Montalcino, nato nel 2017 su sei ettari a vigneto, in cui trionfano macerazioni lunghe, solo legno grande e, soprattutto, lunghe soste dei vini in bottiglia. Semplici passaggi di un’enologia essenziale, ma che solo in pochi effettuano con rigore.
(fp)
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