Uve provenienti dalla zona più rinomata della denominazione, quella di Maschito, e viti di 60-80 anni a 580 m slm qualificano questo Aglianico del Vulture di interpretazione contemporanea. I giovani Piccin, Lorenzo enologo responsabile della produzione e Andrea a marketing e vendita, sono figli dell’esperienza dei genitori, Fabrizio e Cecilia, outsider che hanno creato dal nulla il successo di Salcheto, poi venduta quando il contesto non faceva più per loro per approdare in Basilicata e fondare Grifalco. Galeotta fu la fascinazione di Fabrizio per l’Aglianico, nata nelle estati dell’infanzia passate da un amico di Genzano (Potenza), come per i suoi figli la vigna per “esser cresciuti a pane e Nobile di Montepulciano”, racconta Lorenzo in azienda dal 2011. 16 ettari in bio, parcelle sparse sulle pendici del vulcano spento Vulture, a Venosa, Rapolla, Ginestra e Maschito dove è il vigneto più consistente, e 80 mila bottiglie solo da uve Aglianico. Due doc, Gricos e Grifalco, da assemblaggi di tutte le parcelle, e due Superiore Docg, DaGinestra e DaMaschito, dalle vigne più vecchie e su suoli molto differenti tra loro. Aglianico del Vulture rivendicato per primo da unica vigna dall’annata di debutto, la 2005, Damaschito ha un naso ampio in cui speziatura, note minerali e cuoio si fondono con frutti rossi maturi. In bocca - acidità vivace e tannini morbidi - è persistente e austero. Ha ancora lunga vita.
(Clementina Palese)
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