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HUGH JOHNSON: QUESTI I MIGLIORI TERROIR E VIGNAIOLI D’ITALIA (DA ANTINORI A CA’ DEL BOSCO, DA CAPRAI A CONTERNO, DA GAJA A ORNELLAIA, DA QUINTARELLI A RIVETTI …)

Italia
Hugh Johnson

Gaja, Antinori, Caprai, Ca’ del Bosco, Ornellaia, Quintarelli, Giacomo Conterno, Case Basse, Aldo Conterno, Romano Dal Forno, Fattoria di Felsina, Frescobaldi, Bruno Giacosa, Isole e Olena, Borgo del Tiglio, Poliziano, Prunotto, Rivetti (La Spinetta), San Giusto a Tentennano, Bertelli, Schiopetto, Valentini, Roberto Voerzio: questi i 23 magnifici vignaioli d’Italia per Hugh Johnson, il “wine writer” più famoso del mondo.
La guida di Hugh Johnson (definita da NewsWeek “forse l’unica guida dei vini di cui si sente davvero la necessità” e commentata da “The New York Times con “nessuna guida è più friendly … una micro-enciclopedia per principianti ed esperti”), che ogni anno ricorda che “il suo obiettivo non è classificare il vino ma invitare ad amarlo per quello che è con la sua personalità peculiare ed irripetibile”, ha dato le “quattro stelle” (ovvero il massimo del punteggio), non solo a queste aziende, ma anche alle migliori denominazioni/terroir d’Italia (Amarone della Valpolicella, Barbaresco, Barolo, Bolgheri, Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Colli Orientali del Friuli, Collio, Franciacorta, Sagrantino di Montefalco) ed ai vini “da sogno” d’Italia (Vin Santo di Avignonesi, l’Anna Maria Clementi di Ca’ del Bosco, il Patriglione di Cosimo Taurino, il Percarlo di San Giusto Rentennano, il Solaia e il Tignanello di Antinori, il Terre Brune della Cantina di Santadi, le vecchie annate di Marsala di Marco De Bartoli).
Con oltre 7 milioni di copie vendute nel mondo, la guida di Hugh Johnson (edita da Rosenberg & Sellier, info: stefano.milano@rosenbergesellier.it), da 40 anni l'autore di gran lunga più conosciuto e autorevole in tutto il mondo nel campo del vino, grazie alla sua straordinaria abilità di rendere accessibili anche i temi più complessi, unita ad una buona dose di humour britannico, è diventata un punto di riferimento per tutti gli amanti del vino colti e cosmopoliti, che la considerano una sorta di “bussola” tascabile, indispensabile per scegliere le migliori bottiglie dei più celebrati terroir mondiali.
Humour inglese che viene fuori anche qua e là nelle diverese definizioni del libro: da Biondi Santi, che ha codificato il Brunello di Montalcino nell’Ottocento “con i prezzi assurdi, ma le vecchie annate che si trovano di tanto in tanto sono splendide” a Zonin, una delle più grandi aziende vitivinicole d’Italia … con una qualità che migliora, grazie anche all’enologo Franco Giacosa”; da Antinori, “antica casa fiorentina di primaria importanza (per gran parte meritata) e immensamente autorevole” a Josko Gravner, “produttore del Collio, in prima linea per ottenere rese limitate, invecchiamento nel rovere e vini atti ad un lungo invecchiamento, instancabile nell’autocrtica, sempre alla ricerca di nuove idee e nuove metodologie. Un sognatore”; da Planeta, “uno dei migliori produttori italiani”, al Castello di Fonterutoli, “storica proprietà del Chianti Classico della famiglia Mazzei … il Castello di Fonterutoli rappresenta uno stile di Chianti alquanto alla moda …” ed alla Tenuta di Trinoro, “le prime annate di Trinoro lasciano a bocca aperta”; per finire con la definizione di Supertuscans: “termine della stampa internazionale coniato per indicare vini toscani di stile innovativo che abitualmente associano Sangiovese e varietà internazionali, barrique e prezzi molto alti”.
Nella suo libro Hugh Johnson ammette che “tenere il passo con il mondo vinicolo moderno è ormai come cercare di contare le stelle del cielo: i vini di tutto il mondo sono sempre migliori e sempre più simili. La concorrenza si fa sempre più severa. Ed anche i giudizi sono sempre più difficili da dare”. Quindi un avvertimento: “l’idea di spendere molto per un vino trova solitamente la sua giustificazione nelle buone opportunità offerte dall’investimento: se il vino raggiunge subito il suo culmine l’investimento è scadente. Quindi è giusto che si abbiamo vini di rapido corso e vini che vanno più piano, a patto che si sappia quali sono i vini che corrono e quali quelli che aspettano. Ma è tutto da vedere. E’ compito del mio libro dire chiaramente quali vini bere quest’anno e quali conservare”.
Il “guru” inglese passa quindi ad analizzare le questioni da affrontare nel 2004: “il dominio delle cinque varietà di carattere internazionale è giunto al termine ed i viticoltori riscoprono le uve autoctone”; “l’eccessivo utilizzo del rovere, che costituisce a tutt’oggi una grossa pecca di molto aspiranti vini di qualità”; “il crescente tenore alcolico di molti vini, spesso eccessivo, non mette in evidenza le loro qualità intrinseche”; “il mercato degli acquirenti del vino sta facendo il suo dovere, ad eccezione sembrerebbe dei ristoranti, dove il ricarico applicato al vino è più scandaloso che mai; il cliente che paga la sua bottiglia 5/6 volte di più del suo costo, non paga semplicemente il proprio vino, ma finanzia l’intero locale. La morale che se ne ricava è: in questi ristoranti chiedete vini interessanti ma modesti, e bevete a casa i vini migliori”.
Hugh Johnson, che non esita a criticare lo strapotere dei critici che con i loro gusti ed i loro giudizi influenzano gli enologi al punto che questi tendono a creare sempre più vini che possano piacere ai giornalisti americani, commenta anche positivamente “che, dopo un fugace flirt con le varietà di stile internazionale, l’Italia sta tornando alle sue uve autoctone; molte di queste sono vitigni antichi, caratteristici e di stoffa originale che non hanno mai avuto, prima dell’avvento della produzione vinicola moderna, la diffusione che invece meritano”.

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