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I VINI DI MAGGIORE SUCCESSO NEI PROSSIMI ANNI? QUELLI CON UN BRAND FORTE, MARCHIO CONOSCIUTO E TERRITORIO FAMOSO. COSI’ LA MIB SCHOOL OF MANAGEMENT, UNO DEI MASTER PIU’ AUTOREVOLI D’ITALIA, A CONVEGNO A VERONA

Italia
Il futuro del vino passa da un marchio forte

Sono i vini con un marchio forte quelli che avranno il maggiore successo nei prossimi anni. Ma il successo sarà ancora maggiore se al brand del vino e dell’azienda sarà associato anche quello di un territorio. E’ il “sentiment” per il futuro del vino emerso dalla tavola rotonda, organizzata a Verona nei giorni scorsi, dall’Area Wine Business di Mib School of Management, sul tema “Il valore del Brand per vino e territorio”, a cui hanno partecipato Francesco Venier (Mib, Trieste), Enrico Drei Donà (presidente Associazione dei Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani) e Paul Wagner (Napa Valley College, Usa).

Da alcuni studi del Californian Wine Institute risulta più alta (+15% in 3 anni) la crescita dei vini di marca (Brand Wines) rispetto a prodotti con marchi poco noti o indifferenziati. E questo in particolare nel segmento dei vini c.d. “premium”, ossia sopra i 3-4 euro al pubblico, la fascia che si prevede crescerà maggiormente nei prossimi anni ed in cui la competizione sarà più forte. Ne è prova il forte interesse con il quale gli australiani hanno investito proprio su questo segmento, ponendosi come obiettivo il diventare il fornitore più influente e profittevole di “branded wines” al mondo, portando il vino a divenire su molti mercati la prima scelta come bevanda associata ad un elevato stile di vita. Il marchio, infatti, è un segnale che riflette la distintività di varietà, regione e produttore e mira a massimizzare l’opportunità per il vino di catturare la crescita dei business complementari nei settori del turismo, food e lifestyle.

A ciò si aggiunge la crescente pressione che si sta esercitando oggi su marchio e distribuzione nella filiera del vino. Lo spazio sullo scaffale, infatti, è una risorsa limitata e sta divenendo sempre più una barriera all’ingresso. I produttori saranno costretti a competere con maggior forza per esservi presenti. Dovranno essere capaci di convincere il retailer (vale per la Gdo ma anche per enoteche specializzate) che il loro brand rappresenta la migliore allocazione di una risorsa così scarsa. Il valore del brand, infatti, diminuisce il rischio di fallimento per il rivenditore. Il mercato sta così passando dalla strategia di avere più marchi e referenze ad una strategia legata alla ricerca di produttori che forniscano un maggiore livello di servizio, tempi certi di consegna, un rapporto qualità/prezzo accettabile ma, soprattutto, un indice di rotazione certo. Risulta così sempre più importante per le aziende dotarsi di competenze di brand management e conoscenza delle logiche del largo consumo, che stanno iniziando a permeare anche il canale tradizionale.

Il valore del marchio, però, non lo decide l’azienda ma il cliente. Se nella testa del cliente il valore del marchio è elevato, quando questo entrerà nel punto vendita sceglierà il vino che ricorderà e che emergerà ai suoi occhi fra tante diverse alternative. Il valore del marchio parte dal cliente che lo riconosce in termini di miglior comprensione delle informazioni che le aziende vinicole gli trasmettono, maggior fiducia nella decisione d’acquisto (tanto più importante quanto più alto è il prezzo del vino) e soddisfazione d’uso, ovvero il prestigio derivante dall’aver bevuto un determinato vino.

Il marchio può funzionare anche senza il territorio, ma solo se l’azienda è grande e può godere di risorse finanziarie e di marketing tali da poter lavorare sul brand. Le aziende italiane, tipicamente medio-piccole, invece, non devono rinunciare aprioristicamente al territorio come fonte di valore per il marchio. Marchio e territorio incorporano asset unici: storia, cultura, paesaggio, tradizione, che non sono riproducibili dai concorrenti globali.
Ma quale territorio? Più il territorio è piccolo (ad esempio il singolo cru) e minore è il mercato per quel vino, spesso confinato ad un pubblico di conoscitori. Più è grande e più il legame vino-territorio diventa indifferenziato (“Merlot-Italia”). Grande peso possono avere i territori sub-regionali, quelli ad esempio delle Doc, ed il loro marchio. Ma non i Consorzi come ora li conosciamo, bensì entità più complesse (anche cluster o distretti) che ai servizi tecnici e di tutela affianchino competenze di marketing e di valorizzazione del marchio. Il marchio del territorio andrà poi scalato e tarato dalle aziende che vogliono servirsene, in funzione di quelle che sono le strategie e gli obiettivi di marketing.

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