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IL 60% DEL VINO ITALIANO E’ FUORI MERCATO: LE SOLUZIONI DI “PROGETTO VINO” ATTRAVERSO LE PAROLE DEL SUO NEOPRESIDENTE AMBROGIO FOLONARI, UNO DEI NOMI PIU' IMPORTANTI DELL'ITALIAN STYLE DEL VINO

Italia
Ambrogio Folonari

Con la nomina del suo presidente, “Progetto Vino” passa decisamente alla fase operativa vera e propria. WineNews, uno dei siti d'informazione del vino tra i più consultati d’Italia, ha raccolto le prime dichiarazioni di Ambrogio Folonari a capo della associazione che raccoglie i più bei nomi dell’enologia italiana.

«La grande tradizione produttiva europea è tenuta sotto scacco da Australia e Cile, solo per fare gli esempi più evidenti - spiega Ambrogio Folonari neopresidente di “Progetto Vino” - ed è arrivato il momento di avere più coraggio e fare chiarezza. Il 60% del vino italiano non funziona e aspetta ancora la distillazione come panacea a tutti i problemi di mercato. Sono all’incirca 400.000 gli ettari a rischio, cioè quelli che producono un vino che non ha mercato (su circa 750.000) - continua Folonari - e molto di questo appartiene al segmento dei vini “basic”, dove manchiamo quasi totalmente di progettualità, ricerca e piani di marketing moderni ed efficienti. Non è pensabile che tutti rincorrano i segmenti più alti del mercato, anche se è lì che il vino italiano ha “sfondato”, con una evoluzione fantastica e decretando il nostro successo internazionale.

“Progetto Vino” intende difendere questo 40%, che si è conquistato meritatamente l’alta fascia di mercato, ma allo stesso tempo vuole spingere il vino italiano “basic” a migliorarsi, guardando all’approccio imprenditoriale moderno e “a tutto campo” che ha decretato il successo dei vini australiani o cileni. Non tutti i nostri vini potranno essere di territorio o di eccellenza - prosegue Folonari - ma tutti dovranno essere prodotti richiesti dal mercato. Il fatto è che dobbiamo sforzarci di progettare un prodotto prima che sia immesso nel mercato stesso». Molto di questo passa necessariamente dalla promozione dei nostri vini nel mondo «è evidente - spiega Folonari - ma anche su questo argomento manca chiarezza. E’ accaduto spesso che, quando le istituzioni, per esempio l’Ice, avevano soldi da spendere in promozione all’estero, i produttori non sapevano cosa fare. C’è anche qui bisogno di modernizzare, progettare e agire in modo mirato e con le idee chiare. E’ su queste tematiche - continua Folonari - che “Progetto Vino” intende dire la sua e portare proposte moderne ed efficaci, possibilmente coinvolgendo anche le banche, che garantiscono la solidità delle strutture finanziarie dei grandi gruppi internazionali del vino e che da noi, invece, non sono adeguatamente presenti».

Le parole di Ambrogio Folonari - a capo insieme a suo figli Giovanni del progetto “Tenute” che raccoglie la Tenuta di Nozzole e del Cabreo (nel Chianti Classico), TorCalvano a Montepulciano, La Fuga a Montalcino, la Conti Spalletti (nel Chianti Rufina), la Tenuta Campo al Mare a Castagneto Carducci, Vigne a Porrona a Cinigiano (Montecucco) e quella di Novacuzzo (Colli Orientali del Friuli) - lasciano intravedere piuttosto bene gli obbiettivi operativi di “Progetto Vino”, che intende anche «pensare il vino italiano e i suoi problemi con un taglio innovativo, fornendo stimoli ed idee nuove a tutti gli attori della filiera, affrontando soprattutto i problemi del mercato globale, con un approccio concettuale diverso e cioè secondo una moderna “cultura di filiera” - spiega Folonari - Il nostro obbiettivo è quello di focalizzare l’attenzione sul comparto vino nel suo complesso e sul delicato rapporto prodotto-vino/mercato.

Potrebbe sembrare una dichiarazione d’intenti pretenziosa, ideologica o utopistica, ma credo - prosegue Folonari - che oggi il mondo del vino italiano debba affrontare i suoi problemi più radicalmente. Il nostro approccio è quindi un po’ diverso da quello dei sindacati di categoria e delle associazioni di produttori, con i quali vogliamo, peraltro, interagire proficuamente, pur mantenendo la nostra identità, ma senza costituire un altro soggetto organizzato.

D’altro canto Confagricoltura e Federvini (Confindustria) rappresentano già interlocutori privilegiati. Il problema è che i vari sindacati di categoria come Confagricoltura, Cia, Unione Agricoltori ..., si “perdono” ancora in problematiche settoriali, anche se sacrosante, come per esempio su alcuni aspetti della modifica alla legge 164 - conclude Folonari - ma marginali, rispetto alle enormi difficoltà che il mondo del vino italiano è costretto ad affrontare, “assediato” com’è dalla concorrenza internazionale sempre più aggressiva e organizzata».

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