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Il Governo cinese è pronto ad abbassare l’Iva sui beni importati, compreso il vino, dal 17% al 16%. Troppo poco per il Belpaese, che nel 2017 ha spedito 161,3 milioni di dollari di vino a Pechino, per ridurre il gap con Cile ed Australia

Il Governo cinese è pronto ad abbassare l’Iva sui beni importati, compreso il vino, dal 17% al 16%. Un punto percentuale che, alla fine, “rischia” di avvantaggiare quei Paesi che già godono di condizioni privilegiate dopo la firma degli accordi di libero scambio con Pechino, come Cile ed Australia, mentre per l’Italia, ma non solo, che nel 2017 ha superato per la prima volta i 161,3 milioni di dollari di export sul mercato cinese, con una crescita del 22% sul 2016, cambierà ben poco.

La nuova politica, come scrive il magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com), entrerà in vigore dal 1 maggio, e farà scendere le imposte complessive sul vino dal 48,2% al 46,93%, un piccolo passo, ma che rischia di essere effettivamente impercettibile: il costo medio del vino, infatti, non fa che crescere, e allora tanto per gli importatori, quanto per i consumatori finali, il taglio dell’Iva dell’1% non fa che lasciare la situazione invariata.

Certo, è, comunque, meglio di niente, ma il gap con Australia e Cile, che hanno una quota, rispettivamente, del 26,04% e dell’11,76% dell’import enoico cinese, resta difficile da accorciare per il Belpaese, che con il 6,05% del mercato ha messo nel mirino il quinto posto della Spagna (6,94%), mentre la Francia, che rappresenta più di una bottiglia su tre di vino importato dalla Cina (39,43%) è praticamente irraggiungibile, almeno nel breve periodo.

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