Anche a Il Marroneto, si è fatta sempre più attraente la sfida con il Rosso di Montalcino, tant’è che ne vengono prodotti due (riprendendo lo schema che caratterizza la produzione aziendale di Brunello). Da un lato la “selezione” Iacopo, che porta il nome del figlio di Alessandro Mori, ormai anche lui coinvolto a pieno regime nei destini aziendali e, dall’altro, il Rosso di Montalcino Ignaccio. La versione 2021 di quest’ultimo profuma di frutti rossi maturi, mandarino, fiori appassiti, china e macchia mediterranea. In bocca il sorso è fragrante e ricco, in bell’armonia con la ancora indomita dotazione tannica, lasciando il palato pulito e appagato. Il Marroneto, il cui nome evoca l’antica funzione di essiccatoio per castagne dei locali della cantina aziendale, fu acquistato nel 1974 dall’avvocato Giuseppe Mori, e suo figlio Alessandro, anche lui avvocato, ne è diventato, nel 1994, il “deus ex machina”. Dapprima recependo gli insegnamenti dall’enologo Mario Cortevesio (nel 1998 gli subentrerà Paolo Vagaggini), e poi, diventando lui stesso l’artefice dei suoi vini. Dai 8 ettari a vigneto, distribuiti a ridosso delle mura di Montalcino e sul versante nord-ovest di Montosoli, Il Marroneto ricava 46.000 bottiglie all’anno, ma quello che più conta è il fatto che sia riuscito a scrivere tra le pagine più avvincenti della denominazione, almeno di quelle del primo ventennio del Nuovo Millennio.
(are)
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